On the road to Bollywood: il film Highway

Veera è una ragazzina viziata dell’alta società di Delhi. La sera prima delle nozze scappa di casa e si fa accompagnare dal futuro sposo in giro per la città così da rilassarsi prima del grande evento. Il ragazzo è piuttosto inquieto ma non sa dire di no all’amata col risultato che in una stazione di servizio avviene l’impensabile: la giovane per errore viene rapita, da malviventi incoscienti di aver appena portato con se la figlia di un pezzo grosso del jet set.

La situazione degenera nell’arco di poche ore,  il gruppo decide di allontanarsi il più possibile dalla città e di portare l’ostaggio con se. Nel mentre tutti sperano di schiarirsi le idee e trovare una soluzione remunerativa ed efficace. Inizia così un lungo viaggio attraverso il vasto territorio che si estende dal deserto del Rajasthan alle remote regioni del Punjab e del Kashmir, durante il quale queste persone in convivenza forzata si conosceranno e impareranno molto di se stessi.

© Aman Dhillon (Highway2014)

Il film di Imtiaz Ali è la prima vera opera di Bollywood che ho visto in un cinema. Leggo sia una di quelle produzioni di altissimo livello, con un cast stellare, una sceneggiatura effervescente, una scenografia accurata sin nel minimo dettaglio e con una colonna sonora di A R Rahman, che immagino sia il non plus ultra della musica indiana.

Veera compirà il viaggio di una vita e cambierà per sempre; vedrà il paese in cui è nata stando immersa in esso e non da una bolla di vetro; conoscerà la fatica fisica, l’intensità dei rapporti umani e proverà le vere emozioni, tra cui l’amore. Una lezione che non elude di menzionare a chiare lettere i problemi che attanagliano la moderna società indiana, come pedofilia, stupri e la violenza domestica. Ma non lo fa con uno stile documentaristico, in modo crudo o imponendoci immagini violenti, bensì usa una grazia che è tutta sua.

“Highway” è un film diverso da quelli a cui siamo abituati: è lungo, è sovraccarico di colori, suoni e parole, è diviso in fasi, ognuna delle quali cambia scientemente registro quanto basta ad assecondare il nuovo capitolo della narrazione, quasi seguisse un percorso obbligato, che mi fa sorgere il dubbio sia richiesto dagli utenti. Una sorta di schema da seguire per ottenere la soddisfazione del pubblico. Perché nel suo essere sovrabbondante tutto è calibrato e ha un ritmo troppo costante per non essere voluto.

© Aman Dhillon (Highway2014)

Iniziamo quindi con un po’ di suspense imposta dal rapimento, poi ci immergiamo nella seconda parte, quella dell’on the road puro, con i protagonisti a contatto con la natura, la propria essenza e gli altri. Nella terza parte emerge la sofferenza legata al tumulto dei sentimenti, quindi man mano che l’epilogo sopraggiunge, il dramma prende il sopravvento sino al gran finale.

Una cosa da non credere: penso di aver visto mezza India a bordo di un camion, di aver sentito la versione deluxe triple cd dei maggiori successi del Bibier indiano, e di aver assistito ad una rassegna di generi cinematografici, il tutto condensato in una sola storia che però non era “Via col Vento”, ne si avvicinava. Mentre la pellicola scorre, si è catturati dai luoghi, dallo stile narrativo diverso, da tutte le peculiarità che rendono Bollywood unica. A ripensarci è stata un’esperienza intensa e divertente. L’immedesimazione è stata minima ma non mi sono annoiata, quindi alla prossima occasione esplorerò di nuovo quella fabbrica di sogni tanto lontana dalla nostra.

Vissia Menza

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