Berlinale 2014: i vincitori

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Anche la 64° edizione della Berlinale ha chiuso i battenti ieri sera con la cerimonia di assegnazione dell’Orso d’Oro e degli Orsi d’Argento. Esatto, molti sono gli argenti, non un secondo premio quindi, solo un riconoscimento al migliore di ogni categoria.

Procedendo con ordine, ecco le pellicole che hanno ammaliato le giurie del 2014.

Orso d’oromiglior film secondo la giuria internazionale è quella noia estenuante, poco avvincente, che ha fatto fuggire un sacco di persone dalla sala di Black Coal, Thin Ice. Nonostante si sia portata a casa il premio più ambito, e pure un orso d’argento per il miglior attore protagonista, rimango convinta non fosse la migliore pellicola del concorso e soprattutto che tra pubblico e esperti ci sia di mezzo un abisso. Questo è il classico caso di meteora, opera che rimarrebbe in sala alcuni giorni e il miglior modo per farla rendere sarà distribuirla in cinema frequentati da cinefili incalliti. Il grande pubblico potrebbe addormentarsi se non addirittura arrabbiarsi.

© Berlinale

Orso d’argento – miglior regista è Richard Linklater per Boyhood. Per noi il film che spiccava su tutti. L’unico differente in quanto a modalità (girato nell’arco di una decade con il medesimo cast), ritmo (battute sagaci e intriganti scambi lungo tutte le tre ore) e risultato (la platea era estusiata). Incredibile non si sia aggiudicato il premio più ambito, ora confido che questo sia solo l’inizio di una serie di riconoscimenti durante l’arco dell’anno.

Orso d’argento – il film che apre nuove prospettive di quest’anno è Aimer, boire et chanter (Life of Riley) di quel giovanotto di Alain Resnais. Ironico che questo premio vada a un novantenne e soprattutto credo sia un riconoscimento alla carriera sotto mentite spoglie perché oramai lo stile di Resnais è una consuetudine e non una novità. Certo, il film è oggettivamente piuttosto colorato, eclettico e molto elevato, ma detiene il record di fughe nei primi 30 minuti! Vere ondate di persone che correvano all’uscita, quindi – di nuovo – tra pubblico e esperti vi è di mezzo un oceano e la visione è consigliata agli spettatori molto esigenti.

© 2013 Twentieth Century Fox

Gran premio della Giuria a The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Forse il suo film più equilibrato e maturo, vera summa di uno stile, quel narrare storie senza tempo e senza luogo, avventure magiche e colorate e, ciò nonostante, sempre attuali, divertenti e avvincenti. Meritatissimo, anzi dovuto, perché il film è solido e vero intrattenimento.

Ultima segnalazione è la conquista del premio della Giuria Ecumenica da parte della pellicola Calvary, mostrata in Panorama. Il film ha quello stile tutto Brit che non fa sconti ed è carico di umorismo sottile. La parabola del prete di campagna minacciato da un compaesano per un crimine non suo è delicata, avvincente e sicuramente curiosa. Il film accenna a un problema spinoso con intelligenza e sorriso, il che merita il riconoscimento ottenuto.

Chiudiamo con il film che ci sarebbe piaciuto avesse ottenuto non solo applausi scroscianti a scena aperta, ma almeno un orsetto di marzapane: No Man’s Land. Una pellicola in arrivo dal Far East che dimostra come, nonostante eventuali sensibilità differenti, si possano confezionare opere che mettono tutti d’accordo e che sanno cosa significhi rendere omaggio a un genere e, al contempo, intrattenere il pubblico. Bravo!

© China Film Company

L’elenco completo e tutte le info sul sito ufficiale della Berlinale. Per tutto il resto, vi ricordo che nelle prossime ore il diario si arricchirà di nuovi post :)

Vissia Menza

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