La regista Claudia llosa torna a Berlino a cinque anni di distanza dall’Orso d’oro vinto con il film “The Milk of Sorrow” e porta in concorso il suo nuovo lavoro “Aloft”. Storia di una madre single che cresce due figli in un luogo dimenticato da Dio e stretto nella morsa del gelo. Nana ė il suo nome e per noi ha il volto di Jennifer Connelly, al suo fianco un nonno stanco e due bimbi. Nana un giorno, per caso, scopre che il più piccolo ha un male incurabile. A quel punto la disperazione prende il sopravvento e la conduce in pellegrinaggio da un santone che crede nei poteri di guarigione dell’arte e della natura. E qui capita il vero miracolo: si scopre che la persona dotata di un dono raro e misterioso ė Nana!
Inconsapevole sino a ieri delle sue abilità, inizialmente scettica e concentrata sulla famiglia, a un certo punto la nostra protagonista si convince di aver un potere che deve condividere con gli alti e questo la porta a commettere troppe leggerezze coi due ometti di casa. Il risultato sarà una vera catastrofe: un morto e una separazione ventennale di cui vi lasciamo scoprire i dettagli.
Il film della regista sudamericana ha una straordinaria fotografia e un’attenzione particolare alla bellezza del mondo, le sue inquadrature son spesso degli scatti d’autore che mai si avvicinano al documentario (e di ciò le siamo eternamente grati!). Le sensazioni trasmesse sono varie e si modificano a seconda della stagione e dei luoghi. Nonostante tale armonia, il profumo feng-shui che si sente nell’aria ė eccessivo, soprattutto in un’epoca in cui ė tutto un fiorire di culti che, aggrappandosi alla magnificenza del creato, promettono di farci trovare la quiete interiore. Ma c’è di più: a ondate si sente odore di Malick e del suo “The Tree e of Life”. E con questa amarezza e sensazione di déjà-vu ė difficile promuovere un film la cui trama ė scontata e latita di accadimenti.
Il pubblico annoiato ha lasciato la stanza, i più impavidi hanno resistito sino alla fine con la speranza di uscire potendo commentare un finale sorprendente e inatteso (cosa che ahinoi non ė accaduta) e altri, pur rimanendo al loro posto, hanno solo sfruttato la penombra per un attimo di siesta. Perché le debolezze della pellicola superano le abilità di un cast di tutto rispetto e la grazia di quella fotografia accennata poco sopra.
Il viaggio interiore che coincide col cammino in terre desolate per trovare se stessi; i vecchi rancori che vengono portati avanti per testardaggine; i poteri magici, mistici o anche solo misteriosi del creato; sono tutti argomenti abusati, che rischiano di annoiare, quindi addentrarsi in tale impervio territorio equivale a mettersi in gioco non poco. E la regista, se da un lato ha confermato i suoi punti di forza, dall’altro ha fallito nello scopo principale: il film perde la rotta e noi lo bocciamo.
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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