Recensione del film The Two Faces of January con Viggo Mortensen, Kirsten Dunst e Oscar Isaac.

Il poster del film The Two Faces of January

Sotto il sole della Grecia, all’ombra del Partenone, due turisti americani si godono la vacanza. Lei ė giovane e bella, lui ė un brizzolato e affascinante uomo di affari. Una guida turistica li nota, attratta dalla freschezza di lei e dalla somiglianza dell’uomo con il proprio padre. Il ragazzo parla perfettamente greco, ma ė anche lui americano, quindi prima del calare del sole ha rimediato un ingaggio dalla distinta coppia d’innamorati.

Parlando di aneddoti, di tradizioni e di ricordi di famiglia, il gruppo termina la serata cenando insieme. Ma la giornata si rivelerà ancora lunga: una serie d’inspiegabili casualità capiterà nel cuore della notte, complice un bracciale dimenticato sul sedile di un taxi, l’alto tasso alcolico nelle vene, e un “servizio in camera” non richiesto e soprattutto sgradito. La sfortuna non tarderà a fare il suo ingresso così il trio cadrà in una rete da cui difficilmente riuscirà a liberarsi.

Sotto il cappello riconosciamo Viggo Mortensen (On the Road), la consorte ė Kirsten Dunst (The Bling Ring), il giovane invece ė Oscar Isaac (A proposito di Davis). Un cast scelto con cura, volti perfetti per incarnare i personaggi che ci condurranno a passeggio tra le rovine della civiltà ellenica e indietro in un’epoca carica di fascino e speranze. Ė l’inizio degli anni ’60 e, senza smartphone all’orizzonte, la bella vita ė una routine fatta di galanteria, abiti di alta sartoria e cene in palazzi sontuosi. All’epoca, il bello era splendido, il lusso era da mille e una notte, e gli uomini avevano un indiscusso fascino alla Cary Grant.

Con un tale sfondo non ė difficile, una volta che la suspense prende il sopravvento, ricollegarci ai film con Grant, appunto, affiancato dalle grandi dive come l’algida Principessa Grace, eleganti personaggi che con grazia erano vittime d’intrighi (internazionali) o vendette (domestiche). Un certo profumo hitchcockiano in effetti aleggia, e la trama si rivela una corsa dalla capitale alle isole greche sino al Bosforo, in un misterioso crescendo in cui lo spettatore ignora quale sia la soluzione del puzzle.

Una storia che, anche dove prevedibile, ė troppo intrigante, calda e ammaliante per distrarci, annoiarci o assopirci, cosa quest’ultima che inizia ad accaderci sempre più spesso, ma in questo caso non possiamo stupirci giacché “The Two Faces of January” è tratto dall’omonimo libro di Patricia Highsmith. Stupisce di più che sia un esordio in regia o forse, di nuovo, da un abile sceneggiatore come Hossein Amini (Drive), c’era da aspettarselo.

Scelto per le serate Special Gala di questa Berlinale 2014, il film si presenta come tributo al grande cinema d’autore, al noir, un po’ anche a noi e al nostro passato. Questo raffinato thriller che, nonostante l’incertezza in cui versiamo sino all’ultimo, ci fa sognare di vivere una vita carica di passione e adrenalina in luoghi paradisiaci con a fianco un gentleman, ci ricorda – per una volta – perché il cinema venga definito la fabbrica dei sogni.

Voto: promosso senza riserve. C’è tutto: charme, suspense e imponenti rovine. Una delle poche proiezioni priva di fughe, fischi o dolce dormire.

Vissia Menza