Il sette non ė mai stato il mio numero prediletto, sembra che tutti gli eventi nefasti della mia vita debbano accadere in concomitanza di un 7 (giorno, ora, mese) e anche il 7 febbraio ė stato un così detto giorno da dimenticare. Tra problemi di modem, furti e pellicole un po’ così, ho fatto poker! A metà giornata per risollevarmi da una partenza difficoltosa, ho riposto le speranze nel film tedesco Stereo, con un cast amato e di cui tanto sentivo mormorare. La scelta si ė rivelata un vero colpo basso, di sicuro ha ri-alzato il mio buon umore (anche se solo per poco tempo), e alcune trovate erano decisamente carine.
Partiamo dalle buone notizie: se vedete questo film, l’abbiocco post-pastum ve lo potete scordare. Troppo rumore, troppi cilindri, troppa musica anni ’80 (peraltro notevole e sempre coerente a immagini e trama). La fotografia, sbiadita, ingiallita, farcita di inquadrature testosteroniche di maschio teutonico a cavallo di motocicletta con l’immancabile giubbetto in pelle, è esilarante e la si dimentica in fretta. E i dialoghi stereotipati ci traumatizzano solo i primi dieci minuti, poi siamo troppo assuefatti e divertiti per notarli.
La nota dolente ė invece quella trama inizialmente scontata che scivola nell’assurdo e nel già visto che, unita alla sovrabbondanza di cliché di cui sopra, rende il film da dimenticare. La storia di Erik ė semplice: ha una piccola rimessa per motociclette in un paesino di provincia e nonostante l’aspetto, ha una fidanzata ed ė un eccellente patrigno. L’idillio si spezza il giorno in cui ha un incubo che si rivela una vera ossessione. Vede un uomo, un fantasma, una allucinazione, non ci ė dato saperlo. Il suo nome ė Henry e il suo manifestarsi getta nell’incertezza tanto il protagonista quanto lo spettatore.
Il crollo prende il via da qui. La matassa si srotolerà e i tasselli del mosaico troveranno il loro posto, un epilogo razionale (e piuttosto comune) c’è, ma arrivarci potrebbe procurarvi un gran mal di testa e/o gettarvi in uno sconfortante stato confusionale senza aver assunto alcuna bizzarra sostanza allucinogena.
Nonostante, quindi, il riconoscimento vinto per il suo film di debutto (Schwerkraft) il regista Maximilian Erlenwein con questo thriller, ricco di pseudo suspense e perle di saggezza, non ci fa tifare per il nostro eroe, non ci trascina in alcun vortice, insomma non ci comunica nulla oltre ai molti buoni propositi svaniti nel nulla.
Ed in effetti la cura per la colonna sonora e soprattutto quel cast in cui spicca la presenza di Moritz Bleibtreu ci fanno comprendere quanto impegno ci fosse alle spalle e ci fanno altresì sperare che in futuro il ragazzo (Erlenwein ė nato nel 1975) possa migliorare e regalarci una pellicola ben più convincente. Bocciato o, se preferite rimanere in una cornice vintage, “rimandato a Settembre”!
Vissia Menza
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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