Prima o poi doveva capitarci un film che non fosse curioso, con buoni spunti di riflessione, innovativo, e che avesse un soggetto inflazionato. Aver superato le prime 48 ore di Festival indenni dalla stroncatura ė stato un ottimo traguardo. Ora però dobbiamo prendere coraggio e, cercando di non infierire ulteriormente sul malconcio Gary, protagonista della storia, ci concentriamo sulla debole sceneggiatura e sugli altri difetti di questo film.
Torniamo in Irlanda, torniamo indietro sino all’anno 1971, torniamo nella città di Belfast, torniamo a parlare di un conflitto che dura da tempo immemore e di cui non comprendiamo a pieno le motivazioni e non condividiamo metodi e risultati. Gary ė un giovane soldato, una delle tante reclute inglesi spedite al confine con il “nemico”. Durante uno scontro finito male, viene lasciato indietro dai compagni complice una brutta sassaiola. Spaesato e ferito, il ragazzo deve cercare di sopravvivere e uscire da quel quartiere ostile in cui chiunque vuole fargli la pelle. Sarà una lunga notte durante la quale scopriremo che anche i “ribelli” son divisi fazioni, che anche chi è armato di soli buoni propositi può compiere leggerezze e che anche la gente comune è attanagliata dalla paura.
’71 racconta una storia già vista, facendo leva sul lato umano, sul sentimento e sulla dignità, cosa che ė già stata mostrata molte volte esattamente nello stesso modo di oggi. La fotografia ė sbiadita, ingiallita, sgranata a mo’ di pellicola vecchia di quarant’anni, e anche questo ė un escamotage piuttosto inflazionato. Il cast ė solido ma nessuno brilla al punto di poter parlare di recitazione memorabile, infatti già dopo qualche ora iniziamo a dimenticare parti rilevanti di quanto visto.
La sofferenza di Gary non ci coinvolge sino a quando le ferite non si contano più, anche se ora ci sorge il dubbio che la sopraggiunta insofferenza stesse giocandoci un tiro mancino. Dobbiamo, infatti, dare atto al regista di essere riuscito per lo meno a non farci assopire.
Questa era la prima volta che il giovane Yann Demange, emerso proprio qualche anno fa dal Talent Campus della Berlinale, portava al concorso internazionale un suo lavoro e la qualità è davvero alta: molta l’attenzione prestata ai dettagli e il cast è composto da veri professionisti. Elementi non scontati, che contribuiscono a mantenere un ritmo non incalzante ma costante e, alla fine, a far scorrere ’71 senza intoppi sino all’epilogo. Quindi, voto insufficiente, ma con buone prospettive di crescita. Opera di cui non sentiremo la mancanza.
Vissia Menza
Ultimo aggiornamento il 27 giugno 2015 alle ore 01:56
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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