La cosa, il mostro, la creatura, il morto che è letteralmente vivente (anzi, redivivo), l’uomo (forse) creato dal genio folle del dottor Viktor Frankestein (sicuramente) è arrivato sino ai giorni nostri. E oggi, questo personaggio torna su grande schermo con un nome di battesimo, Adam, e con un aspetto notevolmente migliorato, nonostante sia l’insieme di otto corpi umani trapassati e ritornati nell’al-di-qua.
Con molta fantasia, e con alcune licenze poetiche tutte del mondo fantastico in cui prendono vita e convivono con noi umani i mostri, gli spiriti, i demoni e i più diversi protettori dell’universo, il regista Stuart Beattie e l’autore dell’omonima graphic novel, Kevin Grevioux, hanno portato nell’era moderna il protagonista del romanzo di Mary Shelley che vide i natali due secoli fa.
Emblema del diverso e, diciamolo pure, dello sfigato, ma anche summa delle umane paure, delle debolezze e incarnazione dei problemi legati al riconoscimento paterno, in questo nuovo film dedicato al figlio di quello scienziato un po’ folle che era Frankenstein, il nostro Adam si toglie non pochi sassolini dalla scarpa e diviene più che mai sprone per prendere coscienza dei propri pregi e accettare i propri limiti e difetti.
Umano più che mai, introverso più di prima, più sveglio, infine cosciente della sua sovrannaturale forza, il figlio di Frankenstein ha qui il volto del bel Aaron Eckhart e si tramuta in un eroe tanto solitario quanto letale, acuto, e determinato a comprendere i molti perché senza apparente risposta, nonchée con una gran voglia di migliorare la propria condizione.
Numerose le cicatrici, troppi i brutti ricordi, molti i nemici allora come oggi, quando si ritrova conteso tra il bene e il male, tra i protettori degli uomini e le forze oscure: Adam è l’ago della bilancia di una guerra che ignorava e che ora sta per travolgerlo aggiungendo un problema alla sua già non semplice esistenza. A questo punto, a chiunque salterebbe il tappo e, come prevedibile, nella bizzarra “creatura” scatta qualcosa che la induce a lottare sino a scovare la verità come, anzi meglio, di un Highlander.
Esatto, “I, Frankenstein” è una pellicola gotica, con un tocco di suspense, traboccante creature immaginarie ed è ricca di azione, potremmo definirla un fanta-action, in cui i protagonisti se le danno di santa ragione inseguendosi in una dimensione parallela a quella dei comuni mortali. Nonostante la trama si svolga in città terrene, di fatto, noi sembriamo procedere con le nostre esistenze, ignari e/o noncuranti delle mazzate che gli esseri angelici e i demoni si tirano in continuazione. Ma si sa, questo è il bello delle storie di (super)eroi soprattutto nei fumetti in cui troneggiano figure fantastiche, con caratteristiche strabilianti, nonostante siano piene di difetti. Insomma, questo Frankenstein sa intrattenere il suo pubblico, quindi per noi è promosso.
“I, Frankenstein” saprà ammaliare gli amanti di avventure oscure e del brivido, gli affezionati fan della saga di “Underworld” e coloro costantemente alla ricerca di nuovi stimoli per la fantasia. Alla fine, tutti vincono e noi siamo contenti :-)
n.d.r. A questo link l’incontro con Aaron Eckhart
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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