Recensione di La Mafia uccide solo d’Estate il primo film di PIF

Si può parlare di mafia, storia recente e problemi attuali senza essere noiosi, banali e ripetitivi? Direi proprio di si! Si può ridere del nostro poco illuminato passato, degli errori più ricorrenti e, in generale, delle caratteristiche del popolo italiano? Direi proprio di si! Esistono ancora esordi alla regia che siano interessanti anche se battenti bandiera tricolore e non siano importati da altro continente? Da ieri sono convinta che il vento possa ancora cambiare!

E in un panorama come l’attuale in cui pare che solo le commedie demenziali siano in grado di riempire una sala cinematografica, “La Mafia uccide solo d’Estate” è vera aria fresca! Ennesima commedia made in Italy e ennesimo esordiente a me sconosciuto dietro la macchina da presa: lo ammetto, non avevo proprio idea di chi/cosa celasse l’acronimo PIF!

Saranno i molti check-in, sarà il costante disinteresse verso la piccola scatola magica che troneggia nel soggiorno di tutte le case, sarà la sfiducia nei confronti delle nuove leve di comici sfornati dai vari virtuali palchi off, fatto sta che sono entrata nel cinema attanagliata dai dubbi. Tutti franati senza possibilità di riformazione, perché “La Mafia uccide solo d’Estate” è un’opera frizzante, attenta e divertente. Mai volgare, non becera, meticolosa nel ricostruire ambienti, modi e situazioni, al punto da farci soprassedere sul solito io narrante, quella voce fuori campo che, dopo poche battute, mostra inevitabilmente il suo volto.

Gli enigmi li ho risolti a proiezione conclusa, dopo esser stata presa in contropiede da una commedia calda e palermitana; dalla storia di un bambino innamorato per trenta lunghi anni della dirimpettaia ma così sfortunato da non trovare mai il momento giusto per dichiararsi; dalla tragica storia di una città, di una regione, di una nazione che dopo tanto tempo non ricorda più, oppure non vuole più parlare di quelle tragedie accadute solo pochi anni orsono.

Il protagonista della nostra storia è un ragazzo dalla fantasia pregevole che ha due grandi amori: quello per la vicina di casa, appunto, e quello per Giulio Andreotti, l’allora premier di un’Italia che s’ostinava a non vedere cosa stesse accadendo a Palermo. Torniamo indietro agli anni ’80, all’epoca della Democrazia Cristiana inarrestabile in cui quegli uomini che s’impegnavano per rendere il nostro Paese un luogo migliore erano tutti vivi e carichi di speranze. E il regista – saggiamente -sceglie di ricordarci cosa fosse la Palermo dominata da Toto Riina che doveva fare i conti col giudice Chinnici, il Generale dalla Chiesa, Falcone e Borsellino, strappandoci sorrisi pur senza mai fare sconti, e questo risulta davvero il punto di forza di una pellicola sobria e intelligente.

Attraverso gli occhi innamorati del piccolo Arturo, attraverso l’amore dell’Arturo adulto verso coloro che hanno dato la vita per la sua Palermo, ci viene ricordata l’importanza del primo amore, di amare, del senso di appartenenza e di protezione verso la propria terra. Bravo quindi a Pierfrancesco Diliberto che ci ha fatto adorare il suo giovane protagonista, che ci ha ricordato gli omicidi eccellenti ed è stato in grado di risollevarci l’animo: fare cinema in Italia senza aggrapparsi ai soliti stereotipi, col sorriso e con intelligenza si può, anche quando si arriva dalla TV!

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