Forse torna a rifiorire la mia storia sentimentale con Perez-Reverte. Evviva.
Io e l’autore dal doppio cognome ci siamo conosciuti nel lontano 1997, ed era stato un gigantesco colpo di fulmine. Il protagonista de “Il Club Dumas” era magnifico, la trama solida e affascinante ed un romanzo che circolasse intorno al mondo dei libri difficilmente avrebbe potuto colpirmi di più.
La sensazione di aver trovato un gigantesco bacino di ottime letture era rimasta intatta con “Territorio Comanche” – uno dei più bei libri dedicati ai reporter di guerra che siano mai stati scritti – e con “Il pittore di battaglie”, un romanzo che non manco di consigliare spassionatamente a chiunque abbia una anche minima passione per la fotografia. L’idillio era proseguito con “La regina del Sud”, ma poi – come in tante storie – era comparso Lui, il terzo incomodo. Aveva le fattezze del Capitano Alatriste, protagonista seriale che mi ispirava un fastidio difficile da raccontare. “Il triangolo no, non l’avevo considerato”, quindi pietra sopra P-R per un po’ e buona lì.
Ora ci siamo: “Il tango della vecchia guardia” è un buon romanzo, ed in questa storia che intreccia le varianti del più noto ballo argentino e la nobile arte degli scacchi ho riscontrato parte di quella verve che tanto mi aveva catturato. Max e Mecha, protagonisti che si inseguono e si intrecciano lungo tutta una vita, risplendono di quella magia che rende un personaggio difficile da dimenticare; le vicende sono narrate con quella leggerezza che non si tramuta mai in banalità, esercizio sempre molto complicato da portare a termine. Si entra in empatia quasi assoluta con il ballerino di tango, se ne seguono le azioni con un misto di stupore e preoccupazione fino ad una sorta di tenerezza quando, in età ormai avanzata, il ricordo di un antico fuoco lo porta ad un confronto con i servizi segreti russi, non esattamente i più disponibili al dialogo.
Insomma, il romanzo si fa leggere e solletica il desiderio di saperne di più sia del sensuale ballo sudamericano che di arrocchi e diversi stile di gioco con alfieri e regine sulla scacchiera. Tutto sommato consigliabile.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.