Ci sono un bel po’ di cose da dire sull’ultimo romanzo di Simone Sarasso, e siccome in questo periodo sono più schematico del solito (…) finirò per procedere per punti.

1. “Il paese che amo” è il terzo romanzo di una trilogia composta da “Confine di Stato” e “Settanta”. E sugli scaffali della vostra libreria faranno una bellissima figura:

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2. Ho scoperto Simone Sarasso qualche anno fa grazie ai Wu Ming ed al loro interessantissimo saggio letterario intitolato “New Italian Epic”. Se amate la letteratura italiana contemporanea vi consiglio di scaricarlo (link ufficiale): un po’ perché vi potrebbe indirizzare verso una serie di autori che non conoscete, un po’ perché definisce poetica, caratteristiche e minimi comuni denominatori di una comunità di romanzi e romanzieri che – innestandosi sul sottile confine fra storia e fantasia – consentono di unire intrattenimento e pensiero. Non è poco.

3. Che ci trascini nell’antica Roma con “Colosseum” o che ci riporti in quella contemporanea, macchiata da commistioni fra criminalità, servizi segreti, terrorismo e politica, Simone Sarasso è un gran romanziere. Lo dico a chi sostiene che per godersi un buon hard-boiled sia necessario attraversare (metaforicamente) l’Oceano: ebbene, forse il caso che rivediate le vostre convinzioni e vi decidiate a guardare molto più vicino.

4. Personaggi credibili e ben caratterizzati, una trama che è un continuo rimando alla storia più recente del nostro paese, ritmo incalzante e perfettamente calibrato: serve qualcosa di più? Non credo.

5. Avendo adorato i primi due volumi della trilogia, confesso che su quest’ultimo avevo qualche timore: la vicinanza temporale delle vicende narrate rischiava di intrecciarsi ad una visione politica o faziosa, e sarebbe stato un peccato. Sarasso è stato davvero molto bravo a dare continuità al suo progetto, che tra l’altro si incastra perfettamente con la graphic novel “United we stand” che già ci aveva rapito alcuni anni or sono. Ottimo lavoro!

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