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Quando ancora il fenomeno Larsson non era esploso con tutta la virulenza della sua saga, per gli appassionati di gialli e noir la Scandinavia faceva necessariamente rima con Henning Mankell. In Italia il successo, tra gli altri, di “Delitto di mezza estate” e di “La falsa pista” aveva aperto ai lettori gli scenari di una Svezia molto differente da quella che eravamo abituati ad immaginare, tutta stato-sociale-e-progresso; in aggiunta a ciò, il protagonista dei romanzi di Mankell e la sua cifra stilistica si erano imposti per originalità e freschezza (mi si passi il giro di parole considerate le rigide temperature dell’Europa del Nord…).

Il commissario Kurt Wallander, principale interprete nei romanzi di Mankell, è personaggio maigretesco, interessato quasi più alle circostanze che hanno portato un uomo a compiere un delitto che alla sua stessa identificazione. E’ un uomo che non vive di certezze, neppure professionali: è la guida della squadra di investigatori che indaga su una Svezia nuova, che ha oltrepassato benessere e boom degli anni Settanta e conosce le prime diseguaglianze, soffre per l’immigrazione dall’ex Cortina di Ferro, si sveglia impressionata da un suo carattere sottilmente razzista e quasi xenofobo mai conosciuto prima. In questo contesto le indagini di Wallander procedono con un ritmo che potrebbe apparire lento ma che è sinonimo di riflessione, ed il lettore si adegua immediatamente ai tempi della trama. E’ un piccolo miracolo letterario: puoi essere appena uscito da un rocambolesco romanzo d’azione tutto sparatorie e colpi di scena, ma dopo le prime pagine di un libro di Mankell comincerai a sentire il respiro calmarsi, le rotelle del cranio iniziare a girare e gli occhi riempirsi delle colline della Scania che si affacciano lievemente sul mare.

Henning Mankell

A Henning Mankell verrà consegnato il prossimo 13 dicembre, nell’ambito del Courmayeur Noir in Festival, il Premio Raymond Chandler, ambito riconoscimento letterario alla carriera che ha già premiato in passato autori del calibro di Manuel Vázquez Montalbán, John Grisham, Michael Connelly, Petros Markaris e Andrea Camilleri.

Nelle motivazoioni per l’assegnazione del Premio viene opportunamente segnalato come il riconoscimento non sia “limitato” alla produzione letteraria di Mankell, certamente di primissimo livello, ma “va anche all’intera esistenza umana dello scrittore, da tempo impegnato in Africa sul fronte del riscatto culturale e materiale di quel continente oggi alla ribalta più che mai sia economicamente che politicamente”.

Prepariamo dunque abiti pesanti, blocco per gli appunti e macchina fotografica: appuntamento a Courmayeur!