Non ho una grande familiarità con la montagna.
Sarà che la montagna dalle mie parti è piena di friulani (ok, ok, un campanilismo all’anno me lo posso concedere, no?), o sarà una che una volta sciando un indegno spazzaneve ho rotto un dito a mio padre, proteso in tuffo come Buffon nel tentativo di evitarmi un ingresso sulla parete più scoscesa dell’intero arco alpino. Insomma, saranno ‘ste cose qui, ma appena leggo il termin e “Pista nera” un brivido corre giù lungo la schiena e si ripercuote fino alle unghie dei piedi lasciandomi privo di respiro e piagnucolante.
E’ con questa sensazione mista al terrore che ho dato inizio alla lettura dell’ultimo romanzo di Antonio Manzini, intitolato proprio “Pista nera”. E adesso che l’ho terminato ho capito un paio di cose in più sulla montagna, e ve le voglio enumerare.
Come la montagna, che è una infinita suggestione di colori e oscurità, di boschi impenetrabili e panorami mozzafiato, Rocco Schiavone – il commissario (pardon, vicequestore) protagonista – è un poliziotto fatto di luci e ombre. Insegue la verità con il piglio sicuro di un mastino, ma non disdegna operazioni che vanno decisamente oltre il confine con la legalità, e paradossalmente sono proprio queste ultime a dare un senso e una statura al personaggio.
Confinato ad Aosta dall’originario commissariato sui Sette Colli, Schiavone è un romano-de-Roma che arriva sempre a un pelo dall’incarnare ogni luogo comune sui capitolini, per poi scansarli ed atterrare in una felice e complessa personalità. I rapporti con i locali non sono certo semplici, ma in questo angolo di mondo in cui i cognomi si incrociano ogni due generazioni ed in cui chiunque è almeno un po’ parente del vicino di baita, Schiavone trova una nuova dimensione. Il testo diventa godibilissimo, supportato da una trama credibile e da una galleria di personaggi di contorno che godono della stessa luminiscenza.
Per cui coraggio, armatevi di metaforici scarponi e lanciatevi sulla Pista Nera di Manzini, stando ben attenti ai gatti delle nevi: sarà uno di questi mezzi di locomozione a dare il via ad una avventura che allieterà le vostre giornate di lettori.
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.