Locarno 2013 – Recensione del documentario in concorso “Tableau Noir”

© Festival del film Locarno

Coprodotto dalla televisione svizzera, questo documentario di quasi due ore del regista Yves Yersin concorre nella sezione più nobile del 66° Festival del film Locarno, il Concorso Internazionale.

“Tableau Noir” la lavagna, quella di una volta, in pietra di Lavagna, appunto, è il soggetto di questo lungometraggio che ci porta  nel Cantone di Neuchâtel, stato confederato in cui ci sono luoghi come Derrière-Pertuisin in cui la scuola primaria raccoglieva nella medesima classe tutti (cinque!) i bimbi tra i 6 e gli 11 anni. Parliamo al passato in quanto, ironicamente, poco dopo aver concluso le riprese la struttura è stata chiusa – cosa che ha portato il regista dover meditare sul montaggio essendo sorto un nuovo punto di interesse: l’insegnamento da un lato e la chiusura della scuola dall’altro.

Nato quindi come un documentario che avrebbe permesso allo spettatore di entrare in un mondo in cui è transitato (quello della scuola elementare), ma di cui non aveva più alcuna memoria, al termine si è evoluto in qualcosa di più, è divenuto il testimone della fine di un’epoca, di una storia, di una tradizione. E tutte quelle ore filmate (si parla di migliaia) girate in 13 mesi, sono quelle che hanno permesso di trovare il giusto compromesso per un film che ora doveva fare i conti un nuovo e ulteriore punto da evidenziare.

© Festival del film Locarno

Ma torniamo ai veri protagonisti, a quei bambini che sono prima di tutto individui e poi i destinatari del sapere loro trasmesso dall’educatore. Peculiare è scoprire che tutto il film sia stato girato con due telecamere così da riuscire a mostrare in diretta il momento del passaggio della conoscenza dalla duplice ottica dell’insegnante e dell’allievo.

Così per due ore, come per magia, torniamo bambini, siamo tra i banchi, aiutiamo mentalmente i piccoli a fare i loro calcoli di matematica, ci dispiacciamo quando sono in difficoltà e gioiamo quando risolvono il problema. Ci ritroviamo completamente assorti dalle lezioni di disegno e, senza rendercene conto, ritorniamo scolari per qualche prezioso istante. Alla domanda “può un documentario dedicato alle giornate in una scuola elementare essere intrigante per un adulto, magari senza figli?”, la risposta da oggi sarà “si”, fintanto che si è mediamente curiosi e si vogliano ricordare sensazioni ormai sepolte nei cassetti della memoria.

© Festival del film Locarno

Chiudiamo con una curiosità: ogni giorno, per nove ore, ciascun bimbo indossava il suo microfono, strappa quindi dolci sorrisi scoprire che una volta compreso di non essere più soli, i piccoli hanno iniziato a smicrofonarsi alla bisogna, dimostrando gran presenza scenica e non solo ☺

Una pellicola nata sull’onda della passione, non per tutti, ma singolare.

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