Il duro compito di aprire le proiezioni stampa del concorso internazionale è stato affidato al duo di registi peruviani Daniel e Diego Vega. Dopo un esordio nel mondo dei lungometraggi a dir poco da fuochi d’artificio (il loro “Octubre” vinse a Cannes 2010 il prestigioso premio della giuria di Un Certain Regard), presentano al 66° festival del film di Locarno la nuova fatica: “El Mudo”, letteralmente “Il Muto” e di una persona che ha perso la parola davvero si tratta.
Il giudice Constantino Zegarra (Fernando Bacilio) è un uomo puntiglioso, meticoloso, di poche parole, ma retto e corretto, purtroppo per lui di una rigidità che stride con i casi che gli si presentano difronte. Un giorno qualunque finisce in ospedale a causa di una pallottola vagante che lo centra mentre è fermo al semaforo. Da qui inizia il suo personale calvario fatto di silenzio imposto dalla lesione delle corde vocali e dal contestuale trasferimento in provincia. L’uomo provato dall’esperienza non può credere che la mala sorte si stia accanendo nei suoi confronti e inizia a credere di non essere stato vittima del caso bensì di un complotto dando il via alla sua personale caccia alle streghe.
Inizia così un vero crollo: Constantino cede, viene meno a tutti i suoi principi e, pur di dimostrare di non essersi sbagliato, sviluppa un accanimento nei confronti di persone e luoghi. Un uomo solo con la sua follia, un modo per elaborare un trauma che non porta al superamento dell’evento bensì a creare i presupposti per ulteriori esperienze poco edificanti che sfiniranno/ trasfigureranno definitivamente il nostro sventurato eroe.
L’idea che un giudice s’improvvisi investigatore e quasi vendicatore non è nuova nel cinema, ma qui aveva un ampio potenziale data l’ambientazione (quelle aule di un Tribunale peruviano a cui non siamo per nulla abituati) e dati i presupposti (una routine fatta di gesti differenti dai nostri che dimostrano quanto Lima disti da qui). Dispiace quindi che il film risulti lento e trascinato in una spirale di follia tanto prevedibile quanto soporifera (il mutismo in cui versa il protagonista, di sicuro, non aiuta a tenerci vigili).
Personaggi abbozzati, corruzioni menzionate ma non dimostrate, tradimenti nell’aria, errori e verità nascoste che si mescolano sino a creare in alcuni casi addirittura confusione nello spettatore che alla fine si ritrova a confrontare il proprio percepito con quello del vicino, versando in una surreale insicurezza. Inverosimile, infatti, credere che ciò fosse voluto dagli autori, pare più sintomo di polsi deboli e d’ingranaggi da oliare ancora un po’. I due registi sono ancora giovani, quindi nutriamo speranze per il futuro :-)
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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