Recensione FILM To The Wonder: L’amore secondo Malick

Nonna diceva sempre che la buona creanza impone di dare a tutti tre possibilità, “siamo umani, sbagliamo!” ripeteva di continuo l’adorabile vecchina, oggi mi domando se rimarrebbe del medesimo avviso anche dopo la visione degli ultimi lavori di Terrence Malick. Sono oramai davvero lontani i tempi de “La sottile linea rossa”…

E’ arrivato il giorno dell’ennesimo strazio, dell’ennesima lezione di vita, dell’ennesimo film interminabile che non riesco proprio a digerire, nonostante riconosca l’apprezzabile tentativo di offrire un’opera unica, che utilizza nuovi linguaggi e riesce a dar vita alla summa della bellezza che vi è in ogni arte, in ogni luogo, in ogni uomo seppur imperfetto.

“To The Wonder” si presenta come un’esplorazione del vasto e vario mondo dei sentimenti, più precisamente dell’amore, verso sè stessi, verso l’altro, verso il divino, verso il creato, insomma verso tutto. Malick si addentra a 360° in questo misterioso mondo interiore e lo fa con una precisione maniacale, pretendendo che luoghi, fotografia e attori siano in simbiosi nei movimenti, nei colori, nei sospiri e, visto dall’esterno, tutto ciò ha un impatto visivo superlativo, ma è da vero mal di testa!

L’acclamato regista persevera a calcare il pesante sentiero che ci aveva già turbati in “The Tree of Life” e la sensazione è che il signore abbia dei problemi ancora irrisolti che tenti di esorcizzare con i suoi film. Ma, dato che siamo ancora qui, direi che la soluzione non sia all’orizzonte e la domanda sorge quindi spontanea: il messaggio finale è che l’amore, sentimento che ci accomuna tutti senza distinzioni, debba provocare sofferenze e debba destabilizzare per riuscire a tenere unite due persone?  E, ancora, l’unico modo per raccontarlo è mettendo a disagio il pubblico?

La nostra pazienza ha, infatti, un limite e non ne possiamo più, problema che qualcuno deve aver fatto notare al regista. A questo giro, infatti, ci viene risparmiato il big ben in tempo reale e le parole (non i dialoghi, quelli sono per l’ennesima volta inesistenti) sono aumentate rispetto al passato, ma sono sempre sussurrate, criptiche e recitate come se fossero parte di un sermone. Oltre alla lezione di vita, qui c’è pure la predica, che ricorda il catechismo di gioventù, con una abbondanza di riferimenti all’Altissimo che rasenta l’inquietante.

Ma il colpo di grazia arriva con i protagonisti -poverini- obbligati a sfiorarsi sino ad abradersi e a volteggiare sino al probabile abuso di anti-nausea: l’effetto è senza dubbio dolce, pacato e poetico, ma noi in sala abbiamo avuto grossi problemi di ancoraggio! Quindi, nonostate il meticoloso confezionamento, nonostante le dotte citazioni filosofiche e nonostante il coraggio di narrare una storia avvalendosi d’inquadrature “sbilenche”, il film rimane un’opera non per tutti e da affrontare con cautela.

Voto: bocciato, a prescindere dal fatto che fotografia e scenografia siano da 8. Alto il rischio di inalberarsi per l’ostentazione di conoscenza e cultura, e per la presunzione di saggezza dell’autore. Troppo ermetica l’esplorazione dell’amore e il suggerimento che l’evoluzione dell’uomo avvenga solo attraverso scelte che potrebbero indurlo a convivere con il dolore, è un concetto che non reputo al passo col nuovo millennio.

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