Hawthorne è una piccola cittadina del Nebraska, immersa nel nulla, un luogo tanto bucolico quanto sconosciuto. Immagino, infatti, di non essere la sola che non conoscesse questa località sino ad oggi. Al contrario, le immagini della natura a perdita d’occhio e incontaminata sono note a tutti coloro che durante gli anni di gioventù hanno intrapreso un on the road negli stati non costieri di quella America infine esplorata dopo aver sognato per anni guardando tanti film.
Anche oggi partecipiamo ad un viaggio, quello di un padre e di un figlio, che insieme percorrono 1200 chilometri (dal Montana al Nebraska, appunto) per rivendicare una vincita alla lotteria, occasione inattesa e insperata per una famiglia di stare insieme e imbarcarsi in un’avventura che nessuno mai avrebbe creduto di vivere. I due uomini tornano dove tutto ebbe inizio e affrontano non solo parenti e amici, ma anche ricordi e vite modificate dal tempo. Nell’arco di un weekend la famiglia Grant al completo si riunirà, vecchi rancori emergeranno e i limiti dell’essere umano sfileranno uno a uno davanti ai nostri occhi.
Il film di Alexander Payne è bianco e nero ma, ironicamente, è molto caldo e luminoso, è un tenero e vigoroso abbraccio che non ci fa sentire la mancanza del colore, anzi, più ripensiamo all’opera, più la scelta ci appare imprescindibile. Vera dramedy, vero on the road, vera storia di vita narrata con sagace ironia, vera fotografia (impietosa) delle famiglie americane, della decadenza umana (in vecchiaia e non solo) e della stoltezza ed egoismo di molte persone.
Parenti serpenti, cugini avidi, vecchi amici senza scrupoli che vedono solo ciò che fa loro più comodo, e in poco meno di 48 ore, senza sentire il bisogno di strapparci una lacrima ma, al contrario, facendoci ridere e applaudire a scena aperta, il regista ci fa entrare in un mondo che è tutto intorno a noi e che confidiamo non riesca mai a varcare la soglia delle nostre case. O forse, siamo talmente coscienti sia una situazione comune a tutti da riuscire a condividere (e goderci) le disarmanti battute sull’amara realtà, spesso pronunciate da un anziano oramai senza filtri e/o freni inibitori.
Tutto sommato Hawthorne non è popolata da alieni, ma da persone simili a noi, ai nostri vicini di casa e al nostro bizzarro parentado, sono solo un po’ pittoreschi… Chi non vorrebbe illudersi per un weekend di aver vinto un milione di dollari? Chi non asseconderebbe un anziano genitore visibilmente malato? Chi non si divertirebbe a ritornare nei luoghi della propria infanzia? E chi non approfitterebbe di una scusa tanto agognata per tirare infine un pugno sul naso ad un cugino o un vecchio amico antipatico? Tutti!
Nebraska è una sorpresa, una pellicola inattesa, uno dei più bei pomeriggi di questa 66 edizione del festival del film, una storia sulla tragicomicità della vita, sulla dignità umana e sul l’amore che merita tutti gli scroscianti applausi.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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