Stavo ascoltando la (forse) montaliana “Quello che non” di Francesco Guccini, poche ore dopo aver terminato la lettura di “Bianca come il latte rossa come il sangue” di Alessandro D’Avenia. Sì, perchè a volte è moooooolto più facile spiegare quello che non siamo che comprendere esattamente di cosa siamo fatti o che cosa potremmo essere.
Ora, mentre vi interrogate sulla bipolarità di uno che ascolta cantautori poco dopo aver terminato di leggere un romanzo essenzialmente adolescenziale, mi accorgo che – ancora una volta – è più facile descrivere che cosa non sia questo primo romanzo di D’Avenia, scoperto in questi giorni sull’onda dell’uscita dell’omonimo film nelle sale cinematografiche.
“Bianca come il latte rossa come il sangue” non è un romanzo mocciano. E’ evidente che il pubblico a cui è principalmente indirizzato è quello … uhm … diciamo liceale, ma stile narrativo e profondità meritano qualche voto in più. Premesso che non appartengo alla famiglia di “qualsiasi cosa, purchè i ragazzi leggano”, mi sentirei decisamente più sollevato nello scoprire sul comodino (o, ahinoi, su un Ipad in formato PDF) di un adolescente questa opera prima di D’Avenia rispetto ai fortunati “Tre metri sopra la terza nuvola a sinistra” e via dicendo.
Inoltre, “Bianca come il latte rossa come il sangue” non è un romanzo esclusivamente adolescenziale. Con questo non intendo dire che possa essere una lettura appassionante per ogni genere di adulto, ma – ammettiamolo – è dotato di una scorrevolezza che ti traina fino all’ultima pagina, risultato mai del tutto banale da ottenere.
Infine, “Bianca come il latte rossa come il sangue” non è un libro che lascerà un segno indelebile nelle vostre storie. C’è persino il rischio concreto che ve ne dimentichiate, nell’arco di un paio di semestri. La trama ha una originalità .. ehm … ridotta, a pagina 22 sai esattamente che cosa succederà ai tre protagonisti della vicenda, ma la filosofia-semplice che ammanta il prof-figlio-de-l’attimo-fuggente e un genitore che raggiunge vette di comprensione verso un figlio complicato non è del tutto illeggibile.
Sarei tentato di utilizzare la vetusta definizione di “senza infamia e senza lode”, se non fosse per un particolare: una rapida passeggiata sul web mi ha fatto scoprire che i lettori – ed in particolare quelli adolescenti – si sono clamorosamente polarizzati: tra gli under 20, il libro è piaciuto da impazzire o è stato bocciato clamorosamente. Per mantenere il refrain che ha colorato questo mio post, sono costretto ad aggiungerlo: ad una certa età, “Bianca come il latte rossa come il sangue” non è un libro che lascia indifferenti. Il che non è certamente un male.
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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