*Attenzione quello che segue è il commento ad un film dell’orrore vietato ai minori e censurato in alcuni paesi*
Il film non è ancora finito, sento distintamente le voci e posso quasi vedere nella mia testa le immagini della prosecuzione della storia, anche se non sono rimasta nella stanza sino all’ultimo atto. Una parete, infatti, separa me e la sequenza finale di una delle poche pellicole che non ho voluto portare a termine rimanendo comodamente sul divano. Fastidioso, malato, stomachevole, ma anche intrigante, geniale, differente sono alcuni degli aggettivi coi quali i migliori divoratori di horror che conosca hanno definito Martyrs e tutti alla fine mi hanno invitata comunque a guardarlo desiderosi di sentire la mia opinione (e riponendo grande fiducia nel mio stomaco).
E ora eccomi qui, missione compiuta anche se, per appagare la curiosità di scoprire come terminasse la pellicola, ho dovuto frapporre un muro tra me, il televisore e i miei compagni di avventura. Quindi, confermo, l’opera non lascia lo spettatore indifferente e, cosa non da poco, più che la paura, sicuramente la somatizzazione entrerà nella stanza accompagnata da una sensazione di fastidio che metterà a disagio anche i più indomiti e/o insensibili polimorfi: risatine isteriche, sussulti sulla sedia, pruriti improvvisi, tutto vi capiterà, soprattutto gli snack nelle ultime sequenze non saranno più così gustosi.
Martyrs è il frutto di una mente curiosa di approfondire la psiche umana (e l’anatomia), oppure il regista è l’ennesimo pazzo scatenato che vuole dimostrare a se stesso e a quel pubblico sempre a caccia di nuovi brividi di essere bravo nel destabilizzare l’essere umano? O, forse, è solo il gioco perverso di qualcuno che per guadagno non disprezza fare leva sulle comuni paure? Insomma, il dubbio che l’autore (Pascal Laugier) vada oltre lo scibile per pura, semplice, atavica voglia di emergere sorge e che abbia un secondo e (forse) poco nobile fine pare probabile, soprattutto per la scelta di mostrarci tutti gli stadi che portano l’essere umano dal pieno delle facoltà mentali e dalla buona salute al morire di stenti e dolore sviluppando uno stato di grazia degno di approfondimento scientifico.
La pellicola chiude, infatti, cercando (probabilmente) di elevare il genere inducendoci pensieri filosofici e (sicuramente) di nobilitare un’opera che altro non è se non un film dell’orrore ottimamente confezionato, che avrebbe potuto essere un violentissimo e splendido thriller, ma ha deciso di diventare un lento, (pseudo)scioccante e di sicuro troppo lungo horror. Indubbiamente diverso, però furbo e morboso. Il nostro suggerimento è di non ascoltare gli altri e non prolungare l’attesa: se siete curiosi, guardatelo; se siete già timorosi, lasciate stare!
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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