copertina uomovivo chesterton

A volte i consigli letterari non si limitano a segnalare un titolo o un autore. Anzi, diciamo che quello è proprio il livello base: non che non dia una gran soddisfazione – sia nell’atto del darlo che nel riceverlo, eh – ma vorrei sottolineare che ci può essere un passsaggio ulteriore.

Ed il passaggio ulteriore a cui mi riferisco può essere riassunto in questa frase che mi è stata rivolta: “All’inizio ti sembrerà tutto molto assurdo, ma continua”. Ed io l’ho seguito.

Avevo confidato di aver appena intrapreso la lettura de “Le avventure di un uomo vivo” (edito in Italia anche con il semplice titolo di “Uomovivo”), romanzo di quel genio poliedrico della letteratura che va sotto il nome di Gilbert Keith Chesterton. I giallisti lo ricorderanno come l’inventore di Padre Brown, esempio pressochè unico di sacerdote e detective, protagonista di una gustosissima serie di racconti su cui varrà la pena soffermarsi prima o poi. Ma il buon Chesterton non dedicò la sua intera carriera di scrittore, a cavallo fra Ottocento e Novecento, alla sola letteratura del mistero: e fra poesie, biografie, opere teatrali e altra produzione – tutta connotata da quella vena arguta che ne rappresenta il marchio di fabbrica – “Uomovivo” primeggia grazie ad un eccentrico protagonista che rimarrà a lungo nei vostri tessuti cardiaci.

Innocent Smith, questo il nome del personaggio principale, irrompe a Casa Beacon in un turbinoso pomeriggio estivo che ricorda le giornate di bora triestina: cappelli che volano, raffiche quasi incomprensibili, nuvole trascinate a velocità mozzafiato. La vera differenza è che all’ombra della Cattadrale di San Giusto non è mai comparso un uomo con le caratteristiche di Innocent: dolcemente irrazionale, bizzarro in ogni suo comportamento, apparentemente incomprensibile agli abitanti di questo piccolo cottage inglese che verrà sconvolto dalla sua verve e dal suo humour tutto improntato ad una visione istintivam,ente ottimista degli accadimenti. Talmente incomprensibile ai più da subire un vero e proprio processo, a cui parteciperà da imputato mite e insieme deciso, in una seconda parte del libro che si fa scoppiettante, simbolica, venata di filosofia, e che potrà concludersi nell’unico modo possibile: la sentenza del lettore è infatti inequivocabile, Innocent Smith è davvero un “uomo vivo”.

E se qualcuno di cui vi fidate ciecamente vi dice “Continua a leggere, tutto acquisirà un senso”, datemi retta, ascoltatelo senza indugio alcuno.

La citazione:

“Prima che io abbia finito con lei, può e deve ringraziare Dio per le molte anatre nello stagno”.

Il celebre pessimista espresse a mezza voce il suo desiderio di ringraziamento a Dio per le anatre nello stagno.

“E non si dimentichi i paperi”, proseguì implacabile Smith.

Eames concesse debolmente il suo ringraziamento anche per i paperi.

“Non dimentichi niente, per favore. Lei dovrà ricordarsi di ringraziare il cielo per le chiese, le cappelle, le ville, le persone normali, le pozzanghere, le pentole, i tegami, i bastoni, gli stracci, gli ossi e le tende a pallini”.

“Va bene, va bene”, ripeté la vittima disperata, “bastoni, stracci, ossi e tende”.

“Tende a pallini, mi pareva avessimo detto”, gli rammentò Smith.

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