Recensione film The Host: l’ospite è arrivato!

Stephenie Meyer è una donna della nostra generazione che pare essere perennemente sulla medesima lunghezza d’onda degli adolescenti di mezzo mondo. Li ha tutti calamitati prima coi suoi romanzi e poi coi relativi film ed è riuscita a tenere orde oceaniche di persone col fiato sospeso sino all’epilogo della saga di “Twilight” nonostante alcuni fan, a quel punto, non fossero più giovanissimi.

La signora Meyer, troppo giovane perché consideri il buen ritiro, si è poi rimboccata le maniche ed ha creato un nuovo manipolo di ragazzi carichi di passione, voglia di fare e di andare contro corrente per amore. Con un paesaggio riconoscibile sullo sfondo, ma in una realtà futura (seppur non troppo distante dalla nostra), l’atmosfera in cui si svolge l’avventura di “The Host” è di vero faccia a faccia con gli alieni sbarcati sulla Terra.

The Host è, infatti, l’ospite, l’anima che, dopo aver viaggiato attraverso la galassia, trova nel nostro corpo l’habitat perfetto per non estinguersi. Pacifico e alla ricerca di una convivenza con noialtri (anche perché da defunti non siamo utili alla causa), quest’alieno ci ricorda i simbionti incontrati in molti episodi di “Star Trek” (soprattutto di “Next Generation”) anche se ben più carico di egoismo e con aspirazioni di dittatura pseudo-pacifica (la supremazia tecnologica e l’incorporeità sono, infatti, sufficienti a garantirgli il dominio sulla razza umana).

Come intuibile, i sopravvissuti, un po’ trogloditi ma veri esperti nelle lotte contro i mulini a vento, organizzeranno una resistenza creativa e sufficiente a trovare un contatto con alcuni alieni. Ed è qui il vero cuore della storia: non siamo, infatti, di fronte ad un’avventura e/o guerra intergalattica, ennesimo clone di opere già viste, “The Host” è una favola di e per adolescenti, i cui cuori indomiti, aperti a nuove esperienze e carichi di speranze batteranno all’unisono con quelli dei protagonisti intenti a risolvere (forse) un’invasione e (sicuramente) a coronare i loro sogni d’amore.

Il sentimento regna sovrano e la caparbietà degli eroi è prima fonte di guai poi di gioia sconfinata. Anche qui si sospira, ma (grazie al cielo) non in eterno, perché l’azione e soprattutto la suspense (creata dalla presenza dei cacciatori di umani) arginano la narrazione evitando che scivoli in un fiume di melassa senza  confini. Questi ragazzi sono concreti, lottano senza mai darsi per vinti: il futuro ci sarà e su questo non si discute!

E basta scorrere l’elenco di cast tecnico e artistico per accorgersi di quanto fossero tutti determinati a confezionare un’opera di successo: dietro la macchina da presa c’è il regista di Gattaca, Sim0ne, In Time (!!!), e protagonisti sono un trio di giovani promesse del cinema – la bella Saoirse Ronan (Hanna e Amabili Resti), il figlio di Jeremy Irons, Max (modello e attore in Dorian Gray e Cappuccetto rosso sangue) e Jake Abel (Amabili Resti, Percy Jackson) – tenuti tutti in riga dalla vecchia volpe William Hurt – ohibò!

Non stupisce quindi che il risultato funzioni e che Melanie, la nostra eroina, sia convincente nella fiera lotta per non perdere umanità, famiglia e l’amato e nel creare un’alleanza grazie alla quale riconquistare ciò che pareva perduto per sempre. Famiglia, amore, speranza e desideri sono, infatti, i rodati cardini attorno ai quali si sviluppa una storia adatta all’immedesimazione o anche solo a sognare a briglia sciolta per qualche ora.

“The Host” sarà quindi l’inizio di una nuova saga che intrigherà i nati nel nuovo millennio? I presupposti ci sono, gli attori sono superiori agli slavati succhia-sangue di “Twilight” e l’ambientazione fanta-thriller incontra il gusto di un pubblico più ampio. La prova per noi è superata, ma solo tra qualche giorno conosceremo il verdetto dei giudici supremi, qui ragazzi che da ieri stanno invadendo le sale :)

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