C’era un tempo in cui i libri di Montalban si succedevano con regolarità. In realtà, per motivi squisitamente anagrafici io ho iniziato a godermelo ben più tardi, il che aiutava ulteriormente: non avevo solo a disposizione la nuova pubblicazione che, più o meno ogni due anni, lo scrittore catalano regalava ai suoi lettori. Avevo tutto un progresso da recuperare, operazione compiuta con la fedeltà e la rapidità tipica del cercatore d’oro che ha scoperto un filone e non riesce a immaginarne la conclusione.
In realtà la narrativa di Montalban va ben oltre le sole avventure di Pepe Carvalho, investigatore privato amante della buona cucina e dei bei falò, filosofo della vita attorniato da alcuni personaggi che da soli avrebbero meritato di essere protagonisti di una serie letteraria (occavolo, sto incitando qualcuno allo spin off…): il fedele Biscuter (aiutante, cuoco, a volte confidente), il commercialista Fuster (fora l’amico più vero), la bella Charo, il rigido ispettore Contreras (“nemico” quasi per modo di dire). La pubblicazione dell’inedito “La bella di Buenos Aires” costringe a riprendere in mano Carvalho e ad avvertire una solidissima malinconia mista a riconoscenza: a dieci anni dalla scomparsa, possiamo nuovamente tuffare il naso nelle vie di Barcellona, avvinti da una trama che – sarebbe stato difficile immaginare il contrario – avvince e pone le sue radici nell’Argentina dei desaparecidos, nelle pieghe più nascoste del disagio economico della moderna città catalana e nella vita del nostro detective preferito.
Il romanzo, originariamente concepito come sceneggiatura di un episodio per una serie televisiva su Carvalho che Montalban stava immaginando proprio per la televisione argentina, fu pubblicato a puntate su El País nel 1997, con le illustrazioni di Fernando Vicente. Per gli appassionati, è certamente da sottolineare il ruolo di Biscuter che, oltre a dare il via alla vicenda trascinando Montalban nella modernità delle comunicazioni via fax (!), assumerà un ruolo di primissimo piano in una indagine che affonderà nella memoria storica di due paesi, ponendo le fondamenta per il viaggio di “Quintetto di Buenos Aires”, altro romanzo certamente molto riuscito della stesse serie.
Ed è sempre agli appassionati che rivolgo un pensiero: non potrete fare a meno di provare nostalgia. Lo so, è (forse) l’ultimo Montalban, ma diventa anche l’occasione per godersi una rilettura dei suoi romanzi che conserviamo sulle mensole. Per me è stato un richiamo irresistibile.
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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