Recensione romanzo Voci fuori campo di Ali Smith

Forse per la prima volto in anni e anni di carriera di onorato recensore libresco (…) sono totalmente privo di parole. Cioè, ora mi spiego altrimenti rischio di essere interpretato malamente, che sia in senso positivo o meno non importa.

Il punto è questo: continuo ad interrogarmi su “Voci fuori campo”, romanzo polifonico, certamente complesso, per molti aspetti decisamente intrigante, concepito dalla mente e dal cuore di Ali Smith. E non riesco a determinare se si tratti di un vero e proprio capolavoro o soltanto di un “normale” libro di buon livello. E come sempre in occasioni simili divento decisamente schematico e poco narrativo…

Sul piatto “Pro capolavoro” della bilancia mettiamo:

– la pluralità di voci che compongono la narrazione. In alcuni caso è un puro (e fastidioso) artificio letterario, in “Voci fuori campo” la scelta di affidare lo sviluppo della trama ad una successione di personaggi differenti rende divorante la lettura, e funziona.

– una di quelle protagoniste che fai un bel po’ fatica a lasciare indietro: Ambra, una sorta di Mary Poppins un bel po’ più sprezzante e anche disinibita, che irrompe in una famiglia afflitta da una serie di problemi relazionali con effetto dirompente. Irresistibile.

– non sarà merito della Smith, ma val la pena di spezzare una lancia a favore della traduzione. Il testo originale è ricchissimo di discreti doppi sensi e di una sottile vena di umorismo molto british che non era facile riportare in italiano. E la trasposizione di un capitolo di pure rime è un bel pezzo di bravura.

Sul piatto “Buon libro ma non esageriamo” ci piazziamo:

– una trama che, ridotta alla sua semplicità, è piuttosto esile e che oggettivamente non brilla per originalità: la classica famiglia fintamente normale che in realtà nasconde una serie di disagi di prima categoria, e che viene sconvolta dall’arrivo inatteso e del tutto fortuito di una sconosciuta che si “accampa” nelle loro vite. Tema peraltro molto caro alla Smith, a giudicare da altre sue opere narrative

– una dimensione diciamo… uhm.. sforbiciabile. Francamente una rasoiata ad un centinaio di pagine non mi sarebbe sembrata del tutto immotivata.

– una partenza leggermente zoppicante, che probabilmente si lascia per strada un po’ di lettori.

Come è tipico in situazioni simili, non riesco comunque a propendere per una delle due tesi. Mi limito a sottolineare che si tratta di un testo inserito nell’ormai celebre (e famigerata) lista dei “1001 libri da leggere“, e che se non altro mi ha costretto a confrontarmi con le mie sensazioni di lettore, il che è – senza dubbio alcuno – un punto a suo favore.

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