Prendi un libro, un caso editoriale già dall’autore insolitamente di lingua tedesca, un romanzo carico di ricordi, di storia relativamente recente tutta europea, le cui pagine sono ricolme di sofferenza, amore e sentimento, questo è “Night train to Lisbon”, best-seller internazionale che ha saputo portare i lettori di diversi paesi a vivere per le vie di Lisbona e nelle case dei protagonisti, luoghi in grado di far sentire gli odori ed i tormenti di epoche andate.
Dai il progetto in mano a chi tempo addietro portò coraggiosamente “La casa degli Spiriti” su grande schermo, diffondendo una appassionante saga familiare che altrimenti sarebbe rimasta sconosciuta a molti; dagli la possibilità di lavorare con un cast in cui anche l’ultima fugace comparsa abbia ricevuto riconoscimenti a livello internazionale ed ecco che hai un film, caldo che trasuda cultura sin dai primi fotogrammi, pronto a venire abbracciato con gioia dal pubblico.
Siamo in casa di Raimund Gregorius, un professore di latino che vive nella città di Berna, le pareti sono ricoperte di tomi sino al soffitto, sul tavolo del soggiorno impera una scacchiera e l’uomo è intento a giocare quella che appare come una partita con sé stesso. Scacchi, lingue antiche, libri, manca solo la musica classica e poi i cliché del film intelligente e impegnato che accultura solo fissando pochi fotogrammi è servito, ma non finisce qui…
Un giorno sulla via verso il liceo, il protagonista della nostra storia salva una donna dal suicidio e la porta con sé in classe. Lo scambio è pressoché nullo e la giovane in un batter d’occhio scompare dimenticando noncurante una bella giacca (che non poteva essere di altro colore se non rosso) nella cui tasca giacciono un piccolo libro in portoghese e un biglietto per il treno diretto Lisbona. Così l’uomo tranquillo, l’accademico dalla vita routinaria, si ritrova su un treno, senza bagaglio, solo, con una giacca da donna e un libro che lo strega al punto di partire senza pensare.
Mentre i pensieri del misterioso scrittore echeggiano in sala man mano che Gregorius (Jeremy Irons) li condivide con l’audience (osservazioni sul mondo, sulla vita, sui sentimenti, la morte e l’altissimo – c’è davvero di tutto in questo diario di un medico aspirante scrittore!), scorrono immagini dalla luce caldissima dai toni tenui, il ritmo è costante e mai concitato e gli attori non sbagliano uno sguardo, un movimento o un sorriso.
La suspense, la curiosità di vedere com’è finito un amore passionale all’ombra della dittatura e se ne sorgerà uno più delicato nel presente piacerà al pubblico. Jermy Irons ha fascino da vendere ancora oggi e Lena Olin sembra aver trovato l’elisir di lunga vita. Pellicola che quindi si presenta con tutti gli ingredienti per affascinare tutti, ma non la sottoscritta che ha arricciato il naso sin dalle prime inquadrature. Come già accadde per “La casa degli spiriti”, mi è parso un film furbo e spero che anche in questo caso sussista un abisso tra carta stampata e pellicola.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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