Recensione film Flight: un potenziale thriller, un vero dramma

Tra pochi giorni prendo un aereo e il mio inconscio, forse (spero!), per esorcizzare mi ha fatto cogliere l’opportunità di vedere in extremis “Flight”, pellicola che narra di un pilota competente sino a sfiorare il genio, in grado di salvare la (quasi) totalità dei suoi passeggeri durante un’avaria grazie a manovre tanto azzardate quanto vincenti, ma che incredibilmente riesce a rovinare tutto perché incapace di gestire la propria vita.

La storia prende il via su uno di quei voli di linea a cadenza oraria, una passeggiata soprattutto per l’equipaggio che serenamente s’imbarca sognando l’agognato riposo dopo ciò che a tutti gli effetti è stata una vera maratona per i cieli. Ma stamattina, più di una cosa non va per il verso giusto: una prolungata e severa turbolenza, un copilota con cui non c’è molto feeling e per finire un guasto che fa precipitare gli eventi e…l’aereo.

Courtesy of Paramount © 2012 Paramount Pictures. All Rights Reserved

Alla faccia di chi sostiene che gli anni ‘80 siano definitivamente sepolti, “Flight” ha le carte per essere un action ricco di suspense, ma è un film drammatico come solevano fare una volta. E non è neppure una pellicola catastrofica: la tragedia c’è, ma è solo il presupposto del dramma e del vero dilemma attorno al quale ruotano la storia (si deve far prevalere il gesto eroico o i problemi che l’eroe si trascina sul posto di lavoro?) e il relativo insegnamento, quella seconda opportunità dovuta ai retti.

Opera che parte di corsa, ma presto s’arena e lentamente (sigh!) arriva a un finale che galvanizza lo spettatore, il quale riesce a predire gli accadimenti a ogni nuova inquadratura. E di profetico c’è molto altro: ci sorge, infatti, il dubbio che qualcuno avesse un’urgenza divina e sentisse la necessità di condividerla con noi tutti. Perché Dio è molto presente e manda un bel po’ di messaggi insoliti, che a tratti ricordano un velato catechismo più adatto forse ad un ambiente di meditazione che non ad una sala cinematografica gremita di gente a caccia di evasione. Ringrazio quindi gli angeli custodi per aver fatto “apparire” John Goodman, il cui personaggio ci ha permesso di ossigenare per qualche minuto regalandoci momenti d’insperata ilarità.

Photo credit: Robert Zuckerman © 2012 Paramount Pictures. All Rights Reserved

Molti gli elementi che stupiscono soprattutto data la blasonata regia. Il film, infatti, non brilla anche per quel polso che pare non riuscire a decidere quale rotta prendere, affidandosi quindi a troppe frasi, segnale di perdita del dono della sintesi e soprattutto di aver dimenticato la potenza delle immagini, in grado di comunicare tanto con una sola e ben assestata inquadratura.

Intrappolati nell’autodistruzione del protagonista, speriamo che per lo meno regni la coerenza, invece arrivati al dunque ci scontriamo con un crogiuolo di ovvietà, buonismo e una morale che nuota nella melassa. Cercare di alleggerirsi la coscienza sempre e comunque è umano, ma la forza e rettitudine del nostro capitano al termine di questa prolissa parabola si scontra con la spirale in cui per le precedenti due abbondanti ore ci aveva trascinati.

Photo credit: Robert Zuckerman© 2012 Paramount Pictures. All Rights Reserved

Forse era davvero alta l’aspettativa e di sicuro la presentazione era ottima (a chi ha curato la promozione diamo il massimo dei voti!), ma Zemeckis appare fuori forma, il cast è bravo ma non strabilia (e ci ha dato prova di saperlo fare) e la storia non ci provoca alcuna reazione emotiva. Bocciato!

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