Mi auguro che tu stia cercando delle informazioni sull’ultimo libro di Camilleri. Si, dico proprio a te, che stai scorrendo con lo sguardo sul monitor da sinistra a destra e dall’alto in basso. A dire il vero, la speranza è addirittura che tu non l’abbia ancora comprato, ma se l’hai portato a casa e non hai ancora attaccato a leggere – che di libri in attesa ne abbiamo tutti un sacco, un po’ malinconici sullo scaffale – beh, almeno una indicazione posso comunque regalartela: salta quella cavolo di prefazione!
No, perché va bene che il buon Camilleri debba quasi istituzionalmente uscire con qualcosa per Mondadori a intervalli regolari di tempo, e sono disposto persino ad accettare che sviluppi un romanzo che richiama nettamente un episodio di cronaca nera assolutamente celebre (perché pruriginoso) e a cui Lucarelli aveva dedicato una delle sue inimitabili narrazioni. Ma quello che faccio veramente fatica ad ingoiare – oltre alle barbabietole e al fegato – è che nella prefazione di un romanzo ci si produca in uno spoiler di dimensioni cosmiche. Capirai bene – si, sempre tu che mi leggi – che se già l’impressione era quella di un librettino lanciato cavalcando a metà la fama dell’autore e per il restante cinquanta per cento una storia venata di simil-erotismo, beh, una introduzione del genere non aiuta. E non aiuta neppure che l’argomentazione puzzi clamorosamente di Sfumature, pur sottolineando che la maestria narrativa e la capacità di disegnare personaggi di grande spessore psicologico piazzano Camilleri sette/otto gradini sopra la fortunata trilogia che ha dominato le classifiche di vendita del 2012.
Ti sia chiaro, per cortesia, che non considero improponibile ogni opera dello scrittore siciliano che non preveda la presenza del commissario Montalbano: per citare al volo, ho adorato “La concessione del telefono”, con la sua forma narrativa così particolare e al limite del geniale, e la curiosità mi ha portato a dedicarmi a diversi romanzi del Camilleri-non-giallista, mediamente con buona soddisfazione.
Ma questa volta no: “Il tuttomio” si iscrive a pieno diritto nel calderone dei libri facilmente superabili, sicuramente dimenticabili, certamente popolato da almeno un paio di personaggi che non hanno senso alcuno.
Ha il merito di farsi leggere in un paio d’ore, ma se ripenso allo scaffale dei libri in attesa…
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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