Recensione film In Darkness: uno spiraglio nell’oscurità

la locandina italiana del film In Darkenss

Un gennaio all’insegna delle passeggiate a spasso per le varie epoche storiche, le nuove uscite al cinema prevedono un bel po’ di salti temporali e dopo essere stati nella Francia dei primi anni ’70 e nell’America a ridosso della Guerra Civile, ci spostiamo in Polonia all’epoca del secondo conflitto mondiale. Oggi dedichiamo la nostra attenzione a In Darkenss, un’opera che ha fatto parlare di sé e che ha portato a casa premi sino a guadagnarsi un posto nella rosa dei candidati per il miglior film straniero alla prossima edizione degli Academy Awards.

Questa è una storia vera (già un libro, dal titolo Nelle Fogne di Lvov da noi tradotto In fuga dai nazisti) di un uomo qualunque, Leopold Socha, un po’ operaio e un po’ ladruncolo (più per fame che per avidità), che un giorno s’imbatte in un gruppo di ebrei alla ricerca di una via di fuga dal ghetto. Nell’aria c’è odore di deportazione e si è disposti a tutto pur di non consegnare il proprio destino nelle mani del nemico. L’esperto di fogne diventa per caso un eroe… e che eroe!

una scena del film In Darkness – Photo by Jasmin M. Dichant

Leopold non fa un gran bel lavoro, ma per lo meno a lui la guerra non ha impedito di continuare ad avere una quotidianità dignitosa: nessuno conosce la rete fognaria della città meglio di lui, quindi è un uomo prezioso. Dagli occupanti riceve costanti pressioni per guidarli nello scovare eventuali “fuggiaschi”; dai perseguitati inciampa in una sola richiesta, ma tanto umana quanto straziante: condurli in un luogo sicuro e portar loro quanto necessario per vivere. Esatto, la famiglia Chiger sarà tra i sopravvissuti alla deportazione grazie ad una rocambolesca fuga nelle fogne e ai soldi di papà, sufficienti a rendere complice un uomo semplice che arriva a fine mese grazie a soluzioni “alternative”.

Inizialmente per guadagno, poi esclusivamente per umanità, si creerà un sodalizio che farà emergere rispetto e appoggio tra persone molto diverse (non solo da un punto di vista religioso) e tutte imperfette. Un’opera sul lato nobile degli uomini, su quella minoranza che è riuscita a fare la differenza mentre il genere umano toccava il fondo in balia di deliranti convinzioni. Una manciata di individui pronti a vivere in assenza di luce, in compagnia dei ratti e respirando aria fetida pur di scampare a morte certa. Ma le lacrime non scorreranno durante tutta la narrazione: la storia è avvincente e tiene lo spettatore incollato allo schermo senza bisogno di pietismo. Il punto di forza dell’opera sta, infatti, nel non far leva sui sentimenti: sarebbe stato sovrabbondante (i libri ed i documentari son già abbastanza eloquenti) e sarebbe stata una dichiarazione di assenza di fiducia nei propri mezzi, ma per fortuna Agnieszka Holland ha stoffa.

una scena del film  da Darkness – Photo by Jasmin M. Dichant

Così, con la voglia di scoprire se il gruppo rivedrà mai la luce e se il bene per una volta prevarrà sul male, ci rendiamo conto che abbiamo trascorso due abbondantissime ore. La regista è riuscita a tenerci tutti vigili, nonostante la penombra sullo schermo rendesse la sala più (o)scura e conciliante (una pennichella) del solito. Grazie quindi al polso dietro la macchina da presa, ad attori talmente convincenti da farci dimenticare fosse un film, alla suspense e all’assenza di sensi di colpa, l’opera ha tutti i presupposti per aggiudicarsi un 7 – quale voto finale.

Vissia Menza

 

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