Sento la parola “quartetto” e, per qualche strana ragione, la mia testa visualizza un quartetto d’archi in un magnifico salone Luigi XVI, le note di Mozart o del rinato Boccherini riecheggiano nelle mie orecchie e il gioco è fatto, soprattutto perché, per una volta, la mia fantasia non è andata molto distante dalla realtà. Cosa si celasse dietro il titolo (incredibilmente –sarcasmo- sprovvisto di sottotitolo esplicativo) del film che segna l’esordio alla regia di Dustin Hoffman, è chiaro, infatti, sin dalle prime accurate, dorate, leggiadre, divertite e spumeggianti inquadrature: “Quartet” è una vera musica.

La nostra storia si svolge in una magnifica mansion, immersa nella verdissima campagna inglese, e ruota intorno ai suoi eclettici ospiti, i quali pur sfiorando il secolo di permanenza sul nostro pianeta non paiono smaniosi di dipartire verso altri misteriosi luoghi e dimensioni. Appassionati e attaccati alla vita, i residenti in quella che è una splendida casa (di riposo) per musicisti sono esclusivamente stelle del pentagramma e mantengono ancora oggi viva la loro passione. Purtroppo, però, questo incantevole luogo di buen ritiro è destinato alla chiusura, a meno che tutti sotterrino vecchi dissapori e rivalità da primedonne (oramai incallite) e riescano a coordinare un evento in grado di raccogliere abbastanza denaro da coprire le spese di gestione degli anni a venire.

“Quartet” è, infatti, una ritmata (ma non frenetica) pellicola che ruota attorno ad una manciata di arzilli vecchietti dal glorioso passato intenti a preparare il galà in cui si giocano il tutto per tutto. Ai nostri occhi si presenta come un dolce e divertito racconto che narra con sentimento dell’inesorabile declino che accompagna l’arrivo della quarta età, che eleva l’arte a fonte di energia e che mostra con estrema semplicità come la passione sia la vera forza motrice di noi tutti in grado di farci arrivare molto lontano nel tempo e nello spazio a qualsiasi età.
Ed è così che avvalendosi di un cast eccezionale, che mescola vere ed illustri stelle della musica del secolo scorso ad affermati attori, tra i quali primeggia una Maggie Smith tanto segnata dal tempo quanto regale, Hoffman ci offre un film che non sarà un capolavoro, ma è decisamente sopra le righe e dotato di un’aura magica. Si parla di vecchiaia, cosa di per sé angosciante e non divertente, ma l’ottimismo comunicato da quest’opera (peraltro tratta da una pièce teatrale di una quindicina di anni fa) è davvero contagioso.

Sia ben chiaro, la luce è dorata ma per tutti i 98 minuti non cede alla tentazione di descrivere in modo eccessivamente fantasioso la realtà, è solo che cinismo e pietismo (con il suo seguito di lacrime) mancano del tutto ed il risultato è che Reggie, Jean, Wilf e Cissy, i nostri protagonisti, con le loro goliardate supportate da frasi tanto taglienti quanto vere ci appassionano ed intrattengono sino alle battute finali.

Il neo regista esplora, osa, ma non eccede quindi, nonostante vi sia margine di miglioramento, dal nostro punto di vista ha superato brillantemente la prova e si merita un “bravò” per averci regalato una commedia intelligente, decisamente diversa da quelle con simile argomento che l’hanno preceduto di qualche mese, e con una colonna sonora da urlo. Vedere per credere!