copertina i custodi della biblioteca glenn cooper

Carissimo Alfonso,

si, lo sappiamo che hai già ricevuto un messaggio simile, dal tuo cervello se ricordiamo bene. Ma questa volta a scriverti è addirittura una coppia, e abbiamo l’ambizione di pensare che tu possa darci ascolto il doppio, proprio perché a scriverti siamo in due.

Non ci piacciono molto i rebus (molto, invece, le parole crociate) per cui ci sveleremo immediatamente: siamo OcchioSinistro ed OcchioDestro, ovvero i due bulbi oculari che ti porti a spasso da 36 anni e a cui – ma non ce la prendiamo, eh! – hai fatto sorbire nelle ultime due decadi anche degli spettacoli indecorosi. OcchioSinistro sta citando un Triestina-Albinoleffe, io mi limiterei a sottolineare che alla quinta visione della puntata di Natale dei Simpson tu continui a ridere, il cervello se la gode perché stacca un po’ ma noi due siamo costretti a rimanere spalancati (battiti di ciglia esclusi).

Ma non ci saremmo certo azzardati a scriverti se non ci avessi costretto a passare delle ore su “I custodi della biblioteca” di Glenn Cooper. Eppure, abbiamo provato a mandarti tutti i segnali possibili: ricordi quando lo hai preso in mano in libreria, e ti è sembrato che ti fosse entrata una scarpa da tennis nell’occhio? Ero io che cercavo di comunicarti “Non farlo!”, ma tu niente, mi hai strofinato – che fastidio! – e basta. E hai presente quando alla cassa OcchioSinistro ha iniziato a lacrimare? “Che strano” hai detto “sarà un colpo di vento”, e invece no! Era un altro segnale!

E’ stato inutile anche allearsi con il naso e farti starnutire sette volte subito dopo la prima riga. Tu hai continuato, e noi eravamo lì, gemelli di quei due occhi costretti alla visione di scene terrificanti in “Arancia Meccanica”, impossibilitati a chiudersi. Eravamo lì, a subire una trama più esile dei due capitoli precedenti (e ammetterai che non era facilissimo), una badilata di termini tecnico-militari che in Tom Clancy ci piacciono ma qui lasciano perplessi, e la nettissima sensazione di essere di fronte ad un autore che ha scritto un primo romanzo con una struttura potenzialmente “chiusa” e che cerca disperatamente di riaprirla ad ogni episodio, perché ha venduto un ca-si-no.

E mentre osservavamo con palese imbarazzo personaggi abbandonati per il non-saperne-cosa-fare (possibile prossimo presidente cinese incluso), ci domandavamo se ti avessimo fatto qualcosa di male nella vita, oltre a costringerti ad andare in giro con un paio di occhiali.

Ora, definitivamente e per sempre, ci devi fare una promessa: considerato che il finale è – nuovamente! – aperto, ci garantisci che è la fot… scusa, che è l’ultima volta che ci costringi a questo genere di sofferenza? Siamo occhi, vogliamo posarci su bellezza e verità, e quando ci chiudi per riposare, beh, vorremmo un bel libro di cui discutere con le nostre amiche sinapsi, mentre tu dormi.