Sarò un inguaribile romantico, ma è stato impossibile iniziare a leggere il romanzo forse più famoso e amato di Jules Verne senza provare un bel po’ di emozione. Naturale: si tratta di pagine che hanno spinto verso l’avventura, fatto sognare, accompagnato le fantasie di giovani e meno giovani per quasi un secolo e mezzo, ed è difficile immergersi nelle avventure dell’eccentrico Phileas Frogg e del fido servitore Passepartout senza avvertire i desideri di questa legione di lettori farsi spazio tra le righe e le parole.
A volersi dedicare alla ricerca, “Il giro del mondo in 80 giorni” non fu ispiratore di soli adolescenti e di soli sogni: si sono infatti succeduti negli anni innumerevoli tentativi – spesso riusciti – di ripercorrere le tracce dei protagonisti del romanzo, fra i quali citeremo l’impresa di Nellie Bly – personaggio a cui sarà bene dedicare un post, prima o poi – che intraprese lo stesso viaggio nel 1889 (avete letto bene), completandolo tra l’altro in 72 giorni.
Altri tempi, intendiamoci: tempi in cui un libro poteva accendere gli animi in questa maniera straordinaria, ed il romanzo di Verne aveva tutte le caratteristiche per fare da pietra focaia su un covone di infiammabilissima paglia. A cominciare da un meraviglioso protagonista, quel Phileas Frogg che sembra riunire tutte le caratteristiche del gentleman inglese d’epoca con risultati quasi macchiettistici: monomaniaco per la precisione, assolutamente imperturbabile, attentamente compito persino nel riconoscere il vero amore. Per continuare con il suo servitore, il francese Passepartout, animato da mille emozioni, pronto al pianto e alla indignazione, perfettamente funzionale allo svolgersi delle vicende. Per finire con una trama che non poteva che affascinare i contemporanei ma che non manca di trasportare ancora oggi: e se per i lettori ottocenteschi la volontà era quella di soddisfare la curiosità verso mondi lontani – animali, popolazioni, usi e costumi inclusi – in età più moderna sono comunque intriganti gli aspetti legati ad un globo terraqueo come mai non sarà, ugualmente distante ma nel tempo invece che nel chilometraggio.
Cito, più o meno a memoria, Nick Hornby, che in una delle mie frasi feticcio ebbe a dichiarare: “Evitare i libri per ragazzi solo perchè non si è più ragazzi è come sostenere che i gialli andrebbero letti solo da poliziotti e criminali”. Ecco, appunto.
Con una sola avvertenza che non vuole essere uno spoiler ma solo ricordo venato di affetto: avete in mente mille copertine di questo libro con una bella mongolfiera in copertina? Ecco, la mongolfiera è uno dei (pochi) mezzi di locomozione che non sarà utilizzata in questo romanzo ;-)
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Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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