Resistere ad una coincidenza è davvero impossibile. Mi sono recentemente regalato una “due giorni” romana, tra l’altro baciata da un tempo accettabile nonostante le mie fosche previsioni, ed un passaggio in libreria era quasi obbligatorio: da sempre quando mi reco turisticamente da qualche parte l’acquisto di un romanzo è una certezza. Cosa devo dirvi, è una forma evolutissima di souvenir, in fondo.

Capirete che infilarsi in Feltrinelli dalle parti di San Pietro, trovare su un bancone “Colosseum” – ultimo romanzo di un autore che seguo da sempre e che già aveva dedicato alla Stria il suo Invictus– e portarlo alla cassa è stata un’unica, rapidissima operazione. Complice una serata pioggerellesca, le prime cento pagine sono scivolate via mentre riposavo le stanche membra e la decisione di dedicare la mattinata successiva ad una visita non pianificata all’Anfiteatro Flavio è stata ancor più veloce del processo di acquisto.

Nel raccontare la storia di Vero e delle vicende che lo condussero dalla natia Britannia al centro dei giochi inaugurali del Colosseo, il merito di Sarasso è senza dubbio quello di riuscire a trasportare all’interno dell’arena e nei suoi anfratti il lettore, con una narrativa che è un trionfo di sangue e sudore, odori che aleggiano ancora una volta terminata l’ultima facciata. E passeggiare fra quelle pietre dopo aver goduto della descrizione – a volte atroce – dei giochi inaugurali suscita una magia ed una meraviglia particolari.

Il romanzo storico, come noto, si basa sul sottilissimo equilibrio fra precisione storica e interesse narrativo: se uno dei due aspetti dovesse prevalere, l’operazione letteraria risulterebbe eccessivamente saggistica (al limite del documentaristico) o mostruosamente artificiale. Sarasso è in grado di camminare su questo sottilissimo filo senza precipitare: la minuziosa ricostruzione non risparmia neppure i due personaggi principali – di Vero e Prisco racconta Marziale in un brano che non riporto per non spoilerare il finale… – ma la trama risulta certamente godibile e traina appassionatamente verso il finale.

Preceduto da un lancio in anteprima in versione digitale, pubblicato a puntate come i bei romanzi di appendice di una volta, “Colosseum” non smentisce le doti di grande narratore di Simone Sarasso. Dopo aver letteralmente adorato J.A.S.T., Confine di Stato e Settanta, e dopo essermi bevuto e ricevuto United We Stand, faccio però il tifo per una nuova ambientazione contemporanea, in un ulteriore New Epic di cui sento un po’ la mancanza.

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