“Ballata dell’odio e dell’amore” ha il triste primato di riuscire a rientrare in pressoché tutte le tre categorie. Arriva dopo “Crimen Perfecto”, “Oxford Murders” e soprattutto quel “la Chispa de la Vida” che ha inebriato e riscaldato il pubblico della Berlinale 2012 portandosi a casa una standing ovation, inequivocabile abbraccio da parte di coloro che hanno sfidato il clima rigidissimo pur di consacrare il regista tra i Big. Quindi, il rischio di un passo falso sembrava escluso e l’aspettativa prima della proiezione era alta considerato che De la Iglesia si è superato ogni volta e nel 2010 a Venezia proprio con quest’opera si era aggiudicato il Leone d’Argento, mica quello di peluche!
Potete immaginare il mio stupore quando in corridoio ho sentito le prime voci contrastanti: ero convinta si trattasse dei “soliti puristi”… Invece no, il film è molto diverso dai precedenti, è accurato (soprattutto eccelle una fotografia vintage e lividissima), ma si addentra eccessivamente in un sentiero impervio riuscendo a mettere a dura prova il nostro buon umore. La storia, semplice e accattivante, di due uomini che si contendono la medesima donna in una Spagna franchista e un po’ sessista, potrebbe anche starci. L’espediente di farli sbranare all’interno di un circo vestendo i panni di due clown è sottile e si presta a più velati messaggi (l’autore è laureato in filosofia, non possiamo che perdonarlo…), ma le immagini proposte risultano pesanti, urtano probabilmente il gusto di alcuni, potrebbero venire somatizzate da altri e stancano i più rendendo interminabile una pellicola di 100 minuti. Insomma, due ore scarse davvero dure da sopportare.
L’opera è drammatica, ci offre qualche freddura in apertura ma scalza ben presto i toni leggeri per far posto ad una lezione sul mal di vivere. Gli interpreti maschili sono davvero bravi, l’immedesimazione iniziale c’è, ma si dimentica appena il cinismo e la pazzia dilagano sullo schermo. E Carolina Bang è di una bellezza imbarazzante, di un magnetismo che cade a pennello con il suo personaggio, quella Natalia – ammaliatrice, causa della follia collettiva. Nel complesso però, girare il coltello nella piaga, con morbosa voglia di mostrare il dolore nell’anima e nelle membra (!), risulta eccessivo. Che sia un modo per scacciare un demone che perseguita l’autore è intuibile, che l’esorcismo abbia funzionato è auspicabile, perché preferiamo l’Alex de la Iglesia di Berlino.
Voto: 4. Mi piace pensare sia stato un esperimento che non si ripeterà più. Nonostante tutti nostri difetti non siamo per forza destinati all’infelicità!
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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