“No, io non rileggo mai un libro, anche perchè tanto so già come andrà a finire”.

“Quindi non mangerai mai più una fetta di Sacher, visto che ne avevi una nel piatto venerdì scorso”.

“Ma no, ogni fetta di Sacher è diversa da quella precedente, cosa vuol dire!”.

“Anche ogni rilettura, te lo assicuro, anche ogni rilettura”.

Ed è davvero così. Certo, occorre avere sullo scaffale un Libro con la Elle non casualmente maiuscola, ma posso giu-ra-re che ci sono romanzi che vanno riletti di tanto in tanto, per il sottile piacere che se ne ricava e, soprattutto, per il gusto diverso che se ne ricava.

Ed ogni volta che mi lancio in una appassionata requisitoria sulla bellezza del rileggere, le sinapsi si mettono di impegno, scavano nella memoria e compongono – oggi diremmo “pixel dopo pixel” – l’immagine della copertina di un libro. E’ “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi.

Perché oltretutto ricordo bene la prima volta che mi è comparso tra le mani. E ricordo di essere andato a casa, di essermi seduto alla scrivania dando una occhiata ulteriore alla quarta di copertina, e di essermi alzato circa quattro ore dopo, con le chiappe più piatte di una teglia da forno ed un sorriso stupito negli occhi. Da quel pomeriggio lontano ormai quasi venti anni, non ho potuto abbandonare l’abitudine di appoggiare a intervalli regolari di tempo lo sguardo su quelle pagine, ed ogni volta è una piccola scoperta.

Nella storia di Pereira, giornalista senza ambizioni nel Portogallo salazarista, quasi fastidioso nella sua iniziale mitezza e nel suo chiamarsi fuori da ogni potenziale confronto con le oppressive autorità c’è molto del nostro tempo e dei nostri giorni. Così come il clima di una Lisbona bellissima ed appassionante, con l’indolenza di una città rassegnata che ben riflette il tirare a campare di una intera cittadinanza, sembra riflettere la nostra ormai cronica incapacità di indignazione, la sensazione oppressiva e grigissima che tutto debba necessariamente andare come va. Ma superando gli aspetti più immediati della trama e dell’ambientazione, è con letture successive che ci si immerge veramente nell’abilità narrativa di Tabucchi, un autore che prende la letteratura e la rende musica, e viceversa. Uno stile che si fa faticoso ed ansimante nelle passeggiate del pingue Pereira nella capitale portoghese, che si anima improvvisamente in un crescendo rossiniano  alla comparsa di personaggi di rottura, torna nuovamente lento e misurato nelle riflessioni ora titubanti del protagonista per diventare travolgente in dirittura d’arrivo.

“Sostiene Pereira” va letto, e va letto almeno tre volte. Ma se questo romanzo manca nella vostra libreria, sarà amore a prima vista.

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