Killer Joe vive in Texas ed è il classico omone a cui si fa ricorso quando insorgono irrisolvibili problemi con qualcuno. Fisico scolpito, espressione sempre impostata, sguardo ambiguo e determinazione da vendere, Joe incute molto ma molto timore, per lui la parola data ha un valore inestimabile e non perdona ai suoi interlocutori alcun errore. Lui detta le regole, tu le rispetti, perché lui può tutto dato che realizza le tue fantasie criminali.
“Killer Joe” nasce dalla sagace penna del premio Pulizer Tracy Letts, dramma teatrale prima, film oggi. Sullo schermo il sicario ha il volto dell’affascinante Matthew McConaughey, da qualche settimana già nei cinema con “Magic Mike”, che ora si presenta ai nostri occhi perennemente con occhiali da sole a goccia, abiti scuri dal taglio impeccabile e accessori coordinati sino al più inutile dettaglio, ma anche il temibile Joe Cooper ha un punto debole: come tutti noi è umano e… s’innamora.
Le cose però sono ben più complicate di come possano apparire. Joe è un poliziotto che arrotonda ammazzando su commissione e Dottie, l’oggetto dei suoi desideri, è una “caparra” in attesa del saldo per l’omicidio richiestogli dal di lei bizzarro parentado. La vita metodica e senza imprevisti dello spietato protagonista di questa storia verrà, così, in un attimo, scombinata dai membri della sgangheratissima famiglia Smith.
La pura e giovane Dottie è la sorella minore del committente Chris (un più che mai convincente Emile Hirsch), la cui maggiore abilità è quella di calamitare guai, sfortuna e i migliori rappresentanti della umana stupidità. Infatti, è proprio dopo essere stato fregato anche dalla propria madre che decide di farla fuori per incassare il premio assicurativo ma, trovandosi a corto di contante, offre il corpo della sorella in pegno. Nell’astuto piano criminale viene coinvolta tutta (ma proprio tutta) la famiglia, nuovi mariti/mogli di mamma e papà compresi.
I personaggi sono caricaturali, la cura per il dettaglio è maniacale, la fotografia sottolinea degrado, sudiciume e umidità. La regia è di polso, decisa, dura, ogni inquadratura incornicia una situazione che va dall’esilarante, al divertente sino talvolta al grottesco. Trascorriamo la maggior parte del tempo in casa Smith, una sorta di baracca nonostante il televisore al plasma troneggi in soggiorno, costante punto di incontro dei protagonisti. Chris le prende tutto il tempo, il padre Ansel viene sempre preso per scemo da tutti e Sharla crede di essere diversa ma alla fine, come gli altri, è solo una perdente. In questo casino Dottie vive in una bolla sino all’incredibile, geniale, inatteso epilogo.
Il plot è delirante, puro intrattenimento che non rinuncia a metterci di fronte alla labilità del concetto di bene e male (alla fine è solo questione di punti di vista e di simpatia ;) ) ed i personaggi sono interpretati con un tale trasporto da voler abbracciare il cast al completo con menzione speciale per Sharla/Gina Gershon, sempre più meravigliosamente gotica man mano che la storia volge al termine.
Voto 8. Film che ti fa sentire il profumo di thriller, di fatto è un family drama, rappresentato in stile molto grothesque ed impreziosito da perle splatter.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”