E dopo il blocco dello scrittore-recensore, quattro documenti scaraventati direttamente nel cestino, innumerevoli tentativi di attacco del post, mi rendo conto che raccontare “La vita istruzioni per l’uso” di George Perec è davvero complicato. E non si tratta soltanto di una difficoltà derivante dalle firme prestigiose che mi hanno preceduto, prima fra tutte quella di Italo Calvino, che affrontò il romanzo in oggetto in una delle sue impareggiabili “Lezioni Americane”. Il punto è che si tratta di un romanzo meraviglioso e sfuggente, di un incredibile saggio di bravura e di un contenitore di idee e di storie che non ha eguali al mondo, e il tutto è così spiazzante da rendere davvero complicato raccontarlo.
L’impianto di base del romanzo è, credo, piuttosto noto: si immagini un pittore che cerchi di dipingere la vita in un palazzo parigino, e si immagini – soprattutto – che vi sia la possibilità di osservare la vita di ognuno degli inquilini come se il condominio fosse privo di tetto e di facciata. E ci si perde nelle descrizioni dettagliatissime, nelle storie di chi vi abita, in vite che si incrociano e in una miriade di personaggi che – presi singolarmente – potrebbero tranquillamente reggere un intero romanzo. Tra tutti, si erge come protagonista il miliardario Bartlebooth, uno che all’età di vent’anni traccia scientificamente il suo destino: per dieci lunghi anni anni andrà a lezione per imparare l’arte dell’acquerello poi, per vent’anni, viaggierà per il mondo dipingendo. I quadri saranno spediti ad un artigiano specializzato che li utilizzerà per creare dei puzzle da 750 pezzi che saranno ricomposti dallo stesso autore una volta rientrato a Parigi. Infine, ogni quadro verrà rispedito nel luogo dipinto e lì immerso nell’acqua ritratta, “così, non sarebbe rimasta traccia alcuna di quella operazione che, per cinquant’anni, aveva completamente mobilitato il suo autore”. Avete mai letto nulla di altrettanto poetico e folle? E non volete perdervi nella storia di un acrobata che non voleva più scendere dal trapezio, in quella di un gioielliere assassinato non una ma tre volte, o nella vicenda del pugile che non vinse neppure un incontro?
“La vita istruzioni per l’uso” vi sorprenderà così, pagina dopo pagina. Avrete tutto il diritto – citando Pennac – di saltare pagine e interromperne la lettura, ma credetemi: la sete di conoscenza che porta questo romanzo, con i suoi rimandi incrociati e le citazioni artistiche o musicali, vi terrà inchiodati al computer, alla ricerca googleggiante di un quadro descritto o di una oscura aria musicale canticchiata sulle scale del condominio protagonista di questo incredibile, divertente, infinito gioco culturale.
La citazione:
“Si può guardare il pezzo di un puzzle per tre giorni di seguito credendo di sapere tutto della sua configurazione e del suo colore, senza aver fatto il minimo passo avanti: conta solo la possibilità di collegare quel pezzo ad altri pezzi”
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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