Recensione romanzo Il libraio di Selinunte di Roberto Vecchioni

Secoli fa il mondo conobbe le pergamene ed il papiro. Seguirono gli amanuensi, arrivò Gutemberg con la stampa a caratteri mobili, si moltiplicarono gli inchiostri, iniziammo a digitare su una Lettera 22, scaraventammo i nostri scritti su un monitor e diventammo scrittori e cittadini virtuali, comprammo un ebook e un Ipad. E passo dopo passo, cominciammo a dimenticare la tradizione orale, perdemmo il gusto per la lettura a voce alta, ci scordammo delle serate intorno a un fuoco ad ascoltare attenti e terrorizzati le storie di mostri create dalla fantasia di un anziano.

Un canto nostalgico verso il racconto orale utilizzato come introduzione alla recensione di un libro potrebbe sembrare una contraddizione in termini. E non escludo che lo sia, ma mi è veramente impossibile non correre con il pensiero a storie narrate di voce in voce una volta terminata la lettura de “Il libraio di Selinunte”, romanzo con cui Roberto Vecchioni ha dimostrato – e non è neppure la prima volta – di sentirsi assolutamente a suo agio anche lontano da un pentagramma.

Nella storia del libraio giunto a Salinunte ed immediatamente osteggiato da (quasi) tutta la cittadinanza, in questa sua figura fisicamente meschina ma così ricca di umanità, nelle sue letture ad alta voce in uno spazio ricolmo di libri e (quasi del tutto) privo di ascoltatori c’è un soffio di lieve poesia che fa davvero bene. La tragedia, lo si percepisce chiaramente, è dietro l’angolo, perché il “diverso da noi” fa sempre un po’ paura e perché nella grettezza dei neo-concittadini ritroviamo il lato peggiore del nostro carattere. Ma le pagine che continui a scorrere, completamente catturato dal racconto che si sviluppa e da quell’odore di letteratura sprigionato dal volume, non consentono passi falsi o distrazioni: certo, può essere intrigante cercare di indovinare le citazioni che il libraio propone (e che sono poi esplicitate in coda al romanzo), ma l’attenzione non si placa neppure nel gioco di specchi letterario, e rimane concentrato su Frullo, unico ragazzo che ha mantenuto la capacità di parlare e di descrivere parole in una città che ha mandato in fumo tutto il suo sapere.

Se amate i libri, se amate la lettura, fatevi un regalo. Riservatevi un paio d’ore e tornate alla vostra panchina preferita, oppure spegnete la televisione e godetevi la poltrona che vi piace tanto. Donatevi queste 65 pagine di racconto intenso, emozionante, cesellato con attenzione, e poi provate a narrarlo a chi vi sta vicino.

La citazione:

“Quando ripresi a leggere, ero euforico. Mi ero accorto (in mezz’ora? in un’ora?) che certe parole fanno prodigi e pensavo tra me e me: <<Quanti uomini avranno scritto parole così? Migliaia, di più, forse. E quanti saranno i libri, quante le parole usate? Più di tutti gli alberi, di tutte le farfalle, di tutti i mattini. E per quanti tu possa viverne, non esistono due mattini con gli stessi alberi e le stesse farfalle>>.”

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