Non escludo che si tratti di un conclamato caso di antipatia epidermica. In fondo, conoscere un autore è come cercare di fare amicizia con una persona, con la differenza che sei mediato dalle pagine che ha prodotto. O forse, se preferite una immagine meno elegante ma più efficace, l’approccio ad uno scrittore è un po’ più simile a quelle curiose giravolte di due cani al parco, che si annusano (spesso il deretano) mentre i padroni li scrutano con aria fintamente assente, pronti allo scatto separatorio.
Ecco, io Josh Bazell l’ho annusato per tutte le 322 pagine del suo primo romanzo (“Vedi di non morire”) senza rimanerne per nulla affascinato. Deve essere per quello che ho cominciato a digrignare i denti nell’avvertire i primi paragoni: mentre un critico lo accostava a Chuck Palahniuk ed un altro ci ritrovava tratti del miglior Lansdale, si poteva avvertire in sottofondo uno strano ringhio. Mistero svelato: ero io.
Ma come ogni buon pastore triestino-maremmano son rimasto nella cuccia, in attesa di avere l’occasione per darci una nuova usmata. Occasione che si è presentata con “A tuo rischio e pericolo”, che oltre alla grafica di copertina condivide con il primo romanzo il protagonista: Peter Brown, ex killer costretto alla fuga da una “incomprensione” con la malavita internazionale e diventato medico nell’ambito del programma di protezione dei testimoni. In questa nuova avventura, il fu-sicario verrà ingaggiato da un miliardario misterioso per intraprendere una caccia al “mostro di White Lake”, evidentemente ispirato al suo più celebre cugino di Loch Ness ma apparentemente più pericoloso in quanto amante della carne umana.
Con una trama che si sviluppa sullo sfondo del rapporto fra il protagonista ed una avvenente paleontologa ed una serie di colpi di scena che patiscono il male della prevedibilità, “A tuo rischio e pericolo” fatica ad appassionare e non prende mai del tutto quota. Non giovano poi alla lettura delle pretese riflessioni geopolitiche, difficili da interpretare in un contesto che vorrebbe essere di puro intrattenimento. Al punto che durante la lettura mi son trovato a scuotere la testa più e più volte, con la sensazione di essere di fronte ad un tizio che cerca a tutti i costi di fare il simpatico, inanella qualche battuta stantia una dietro l’altra e non riconosce gli sbadigli soffocati da parte degli sfortunati interlocutori.
Nei romanzi di Lansdale, per voler sviluppare uno dei paragoni citati, scrittura ed ironia procedono con sincronia perfetta, senza mai andare sopra le righe e senza dare quell’impressione di forzatura che ho avvertito in queste pagine; Palahniuk, poi, è di un altro pianeta e basta, con una profondità che si sviluppa su una scala completamente opposto a questo tentativo letterario.
In estrema sintesi, per me è pollice verso: sarà pure letteratura di intrattenimento, ma anche sotto l’ombrellone non è proibito poter approfittare di qualche pagina più intrigante.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
Leave a Comment