“Der Glanz des Tages” (alias “The Shine of Day”) è una delle opere in concorso per l’ambito Pardo del Concorso Internazionale, e che ha vinto il Pardo per la miglior interpretazione maschile, ma è lento, lento, lento e noioso al punto di aver ponderato una fuga una volta raggiunta la prima mezzora. Un giorno qualunque, fuori da propria casa, un famoso attore di teatro incontra un signore che millanta essere il classico lontano parente, viaggiatore per una vita, persona dimenticata dal resto della famiglia e soprattutto il cui fratello non ha alcuna intenzione di incontrare.
Inizia così il film che pareva un trionfo di ritmo e si è rivelato soporifero per i suoi silenzi, le sue inquadrature scure, i suoi rumori ambientali ed i fuochi d’artificio che rimangono solo sullo schermo. I dialoghi spesso sono riempitivi, la storia è sullo sfondo ed è piuttosto prevedibile nei suoi sviluppi e avremmo fatto davvero a meno di sentire la versione completa delle fiabe della buona notte anche perché hanno rischiato di conciliare anche il nostro sonno.
Con il trascorrere del tempo, il rapporto zio-nipote (perché di questo si tratta) si consolida nonostante il dissenso del padre di lui, i due vengono uniti dall’arte (il giovane è un professionista on stage, l’anziano è un ex-circense), dalle passeggiate verso il teatro e dai ritagli di tempo perché, come prevedibile, lo zio ben presto grazie ad una bugia pietosa, chiede ed ottiene ospitalità “per qualche giorno” a casa del nipote, tempo che aumenterà progressivamente complici i bambini del vicino.
Sporadiche “perle” sulla vita e sull’importanza della famiglia emergono nella seconda metà della pellicola insieme a delle rivelazioni (i soliti scheletri negli armadi che hanno molte famiglie indipendentemente dalla latitudine e longitudine in cui si trovano), il tutto condito da citazioni filosofiche e da veri e propri stralci di opere che vengono messe in scena da Philipp alla sera in gremiti teatri. Perchè siamo difronte a veri attori che ci mostrano un po’ più di sé.
Due vite a loro modo simili nella dedizione all’arte, due infanzie molto diverse, due generazioni a confronto, reazioni a successi ed insuccessi di tutti (protagonisti e non) si percepiscono, ma non coinvolgono. Non ci emozioniamo e non ci rivediamo in alcun fotogramma, accurato che sia. Quindi man mano che i protagonisti creano un solido legame, noi riusciamo solo a gioire del fatto che si stia avvicinando l’ora della fine.
Nel complesso siamo di fronte ad un prodotto ben confezionato, che vuol far riflettere sul vivere coscienti della realtà che ci circonda, che accarezza il sociale e che nonostante l’opportunità d’imboccare un sentiero più elettrizzante, decide di rimanere orientato al triste dramma. Prodotto intellettualoide perfetto per un festival, ma non per le masse. Voto finale: 6-
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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