Belgio, due amici d’infanzia e un sogno mai realizzato… sino ad oggi! Il classico on the road con i compagni che suggella la fine della scuola è stato rinviato così a lungo da essere ancora un sogno alla soglia degli anta. E’ così che i nostri protagonisti decidono di recuperare il torto fatto a sè stessi da giovani. Peccato però che ora siano adulti, insomma, fuori tempo massimo e risultino quasi ridicoli. Non stupisce quindi che una serie interminabile di disavventure capiti loro proprio in concomitanza con la partenza!
Il film d’esordio di Francois Pirot, in concorso a Locarno, traccia con semplicità l’identikit di una generazione che pare destinata a perdere gli autobus della vita: relazioni che durano solo per abitudine e che al dunque inevitabilmente si sfasciano; e rapporti familiari disfunzionali con madri troppo apprensive, padri intransigenti e figli deboli che non sanno stare al mondo, alla ricerca dell’approvazione all’interno delle mura domestiche nonostante siano degli adulti (per lo meno all’anagrafe).
Ancora una volta siamo alle prese con degli eterni Peter Pan nati negli anni ‘70, che non riescono ad acquisire un’identità e a costruirsi una vita indipendente. Ammetto di sentire il problema particolarmente vicino, appartenendo alla generazione incriminata e di non vole scagliare la prima pietra: se si è nati in quel periodo è pressoché impossibile essere senza peccato, però qui tutto appare un po’ troppo standard.
I protagonisti incarnano lo stereotipo del trentenne allo sbando e l’autore, a prima vista, sembra proporci una motivazione che faccia tutti contenti: figli che si credono indispensabili da un lato e genitori che non vogliono smettere di esserlo, dall’altro. Il risultato non cambia ed assume forme che spaziano dall’infinitamente triste al grottesco. Il confronto col mondo, il prendere le decisioni, grandi o piccole che siano, fare fronte alle loro conseguenze fa davvero paura a molti. Il problema non è quindi il tema, ma la poca incisività con cui viene trattato.
Alla fine il viaggio di Simon e Julien si ridurrà ad un girotondo (a tratti anche buffo) in paese, ma soprattutto attorno ai problemi quotidiani (il lavoro, la ragazza, andare a vivere da soli, etc.) insomma solo il giorno in cui i due realizzeranno ciò che è ovvio a tutti, si fermeranno, il viaggio sarà concluso e sprigionerà i suoi benefici effetti: i ragazzi diventeranno uomini!
Tanta la filosofia e bello l’escamotage di seguire il camper dei due protagonisti durante il loro estremo ed ultimo tentativo di rimanere fanciulli, peccato che a tratti il ritmo fosse blando ed i dialoghi appiattissero una buona idea per trattare un argomento ampiamente noto e mostrato. Dato che si tratta di un esordio alla regia, incoraggiamo tutti con una sufficienza sfiorata. Voto: 6–, ma la prossima volta dovrà andare meglio.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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