Come promesso la scorsa settimana, oggi vi parliamo dell’Hangar Bicocca e delle sue mostre temporanee per questa estate 2012.

Il 22 giugno sono state infatti inaugurate nel bizzarro spazio diverse esposizioni che, nel complesso, contribuiscono tutte a creare un percorso che molto ricorda quello di Alice nel Paese delle Meraviglie. Gli ingressi delle varie sezioni sono impreziositi da tanto semplici quanto pesanti drappi scuri che contribuiscono non poco ad aumentare la curiosità del visitatore. Dopo le prime due sorprese diventerà infatti un gioco immaginare cosa possa celare il varco seguente e ad ogni passaggio lo stupore aumenterà.

Un ampio ingresso ci presenta con l’ausilio di monitor tutto ciò che viene al momento ospitato nella struttura, ma non ci indica la stanza, quindi una volta trovato l’accesso non eravamo preparati a “I primi 60 anni di Moroso”. I primi istanti infatti non comprendevamo cosa avessimo di fronte e se i nostri istinti dovessero venire frenati o  avessero la libertà di esprimersi. Mi spiego, le sezioni sono due: “Metamorfosi_Behind, After or Beyond” in cui, tra scarne sedute dal colore che ricorda le ossa sbiancate, viene ridata vita a creazioni di famosi designer focalizzando sulla rivisitazione ed il dare nuovo smalto ad oggetti già esistenti, e il coloratissimo e comodissimo “Backstage_Il Dietro le Quinte” in cui si possono vedere, toccare e testare molte opere che per la prima volta vedono la luce esterna. Sono infatti prototipi, modelli 3D e prodotti unici mai entrati in produzione o condivisi con il grande pubblico. L’impatto visivo è totalizzante: colore ovunque, stoffe di ogni sorta ed oggetti calati dal soffitto, che adornano le pareti oppure ai nostri piedi che ci accolgono con le loro inconsuete forme per una sosta davvero fatata. Un incredibile stimolo sensoriale ed un gioco che soddisferà la sindrome di Peter Pan che risiede in ognuno di noi.

Superato il secondo magico tendone si verrà catapultati in un ambiente notevolmente differente in cui il polivalente artista cubano Wilfredo Prieto, con cinque istallazioni diverse tra loro quanto a grandezza, odore e colore, ci accompagna in un percorso che lambisce gli imponenti “sette Palazzi celesti” di cui abbiamo parlato la volta scorsa.

Tanto fieno, un autobus in bilico su monete da un euro, una lunghissima fila di oggetti di uso comune (molti dei quali non vedevamo dalla nostra infanzia!), una betoniera auto-cementata e molto di più (!) per una esperienza che vi tratterrà per non poco tempo all’interno dell’Hangar. I significati delle istallazioni sono molteplici, sicuramente emerge la volontà di indurre il visitatore a ricordare l’uso dell’oggetto, a mostrare le sue potenziali e molteplici utilità ed a trovare una metafora (mai difficoltosa) con la realtà del nuovo millennio in cui ci siamo appena addentrati. Prieto è dell’Avana e il suo coinvolgimento in termini politico-culturali è imprescindibile, così come è incredibile pensare che sia balzato agli onori della cronaca da una decade, ossia da quando era davvero molto giovane, ma una volta provate le sue doti comunicative comprenderete il perché :)

Ultimo passaggio e nuova sorpresa: uno schermo, una platea con tanto di poltrone e un ambiente, una vera e propria stanza sul mondo. “The happiest Man” di Ilya e Emilia Kabakov chiude la nostra giornata. Un’esperienza, per volere degli stessi autori, che è totalizzante mescolando elementi cinematografici, architettonici, pittorici e oltre. Palese lo scopo: provare forti emozioni che coinvolgano i cinque sensi ed in effetti si passa dallo stupore, alla curiosità, oppressione ed al sollievo entrando in pochi metri quadri che offrono una chiara metafora della fuga dalla realtà, un rifugio nel magico ed immaginario mondo della celluloide. I simboli ironici o provocatori sono molti e li lasciamo scoprire a voi sperando passiate a trovarci per descriverci le vostre sensazioni!