Alla scoperta del misterioso Hangar Bicocca

Ci sono dei giorni in cui l’attesa in metropolitana è impegnativa, afa, folla e quei tre minuti che paiono eterni. Cerchi di isolarti e, con tutti i rumori in sottofondo, l’iPod non è una soluzione ottimale. Ma a quel punto scopri quanto la città offra a tua insaputa: in molte banchine, spesso sulla parete nascosta dietro le colonne,  vi sono degli interessanti manifesti piccoli quanto una comune locandina che pubblicizzano, con scarsa risonanza, interessanti mostre, concerti ed eventi che stanno svolgendosi se non addirittura si sono appena conclusi in luoghi inconsueti.

Grazie alla canicola della scorsa settimana ed alla modifica di un percorso, un’immagine ha attirato la nostra curiosità e ci ha ricordato che in una zona della città a noi fuori mano, un cantiere si è concluso da un bel po’ di tempo ed il pubblico può accedere (gratuitamente!) ad un immenso spazio industriale convertito in culturale.

I prati circostanti, i metri quadri tendenti ad infinito, e gli orari davvero friendly (11.00—23.00) ci convincono a scappare dalla cappa di caldo misto smog per esplorare l’attraente e, sino ad oggi, avvolto dal mistero Hangar Bicocca.  Il viaggio si rivela più agevole e rapido del previsto e, dopo una camminata, quello che si presenta ai nostri occhi appare più o meno così:

E’ “La Sequenza” dell’artista milanese di adozione Fausto Melotti che imponente, nei suoi 22 metri di lunghezza, fiera (è alta ben 7 metri!) e, a suo modo, calda ci accoglie all’ingresso facendoci subito capire che il nostro viaggio artistico stava solo per iniziare e avrebbe coinvolto tutti i nostri sensi. L’opera è enorme, ma talmente ariosa e in movimento che non inquieta, è un cancello che ci invita a superare la soglia per entrare in una dimensione in cui molto è possibile, basta lasciarsi andare e soprattutto dimenticare per qualche ora doveri e dispiaceri.

La curiosità verrà totalmente appagata, non abbiamo fretta di entrare nell’Hangar, l’istallazione di Melotti, presente dal 2010, prima ci calamita poi trattiene un bel po’ infine ci libera dalla sua energia e comprendiamo sia tempo di scoprire cosa celino gli interni dello spazio espositivo, anche perché sappiamo che durante il percorso prima o poi ci scontreremo con la seconda permanente presente.

Peculiarità dell’Hangar è che il percorso sia piuttosto obbligato, quindi tra una mostra e l’altra (pochi giorni orsono vi è stata più di una inaugurazione e presto ve ne parleremo :)), abbiamo dovuto attendere un po’ prima di attraversare il fatidico tendone che celava una vera sorpresa: ci siamo ritrovati di fronte ad una vera e propria cittadina, di sicuro l’istallazione più estesa vista ultimamente. “I sette palazzi Celesti” di Anselm Kiefer sono una meraviglia!

Affascinati dal buio, stretti dal confortevole abbraccio dell’aria tiepida all’interno della struttura, l’effetto ottico è strabiliante. Di primo acchito pare di essere di fronte ad un  gigante castello di carte, sicuramente crediamo di essere stati risucchiati da una realtà parallela che infonde quiete e, proprio quando percepiamo quanto sia ovattato l’ambiente, notiamo che le nostre magnifiche, infinite e fiere torri sono in realtà decadenti, in triste calcestruzzo, sempre più alte man mano che procediamo e son davvero ricche di simboli. Una volta ripreso fiato, la cartella stampa potrebbe divenire preziosa, fornendo informazioni utili a comprendere a pieno dettagli e significati che solo conoscendo a fondo il percorso dell’artista si intuirebbero.

Una cosa è certa: che le amiate o le odiate, non rimarrete indifferenti alle opere esposte e avrete comunque scoperto uno spazio in costante movimento tutto sommato non distante dal cuore della città.

 

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