Appena stabiliti gli accoppiamenti dei quarti di finale di Euro2012, il pensiero degli appassionati era interpretabile come se fosse stato scritto in una nuvoletta fumettosa sopra le loro teste: “Cavoli, ma da quanto tempo è che non giochiamo contro gli inglesi in una competizione ufficiale?”. Ed in effetti, una sfida contro la Francia sarebbe stata un ennesimo rendez-vous (prego notare l’accurata scelta lessicale francofona), una partita che avrebbe allungato la già notevole serie di confronti con i transalpini.
Da semi-giovane (anagraficamente) ma anziano (letterariamente*) amante di cose calcistiche all’italiana, il mio pensiero è corso ad un paio di match in terra d’Albione lontani nel tempo e nei ricordi ma che – a distanza di decenni – avevano avuto il pregio di eccitare la mia fragile fantasia pallonara.
Per il più celebre di questi momenti storico-sportivi dobbiamo spostarci fino al 1934. L’Italia si è da poco laureata campione nella seconda edizione dei Mondiali, manifestazione disertata dagli inglesi che – autodefinendosi “padri e maestri del calcio” – non intendono svilirsi in una competizione internazionale. E’ dunque una sorta di seconda finale, in cui si affrontano la nazione vincitrice della Coppa Rimet e quella che non vuole metterci piede per una supposta “manifesta superiorità”. Si gioca a Londra, in quell’impianto meraviglioso – Highbury – che era la casa dell’Arsenal fino ad una ristrutturazione (molto simile ad una demolizione) di qualche anno fa, ed i primi 12 minuti di gioco sembrano dare ragione ai pensieri britannici: Brook e Drake infilano per tre volte in poco più di seicento secondi la palla nella porta difesa da Ceresoli (il nostro leggendario portiere Combi è infortunato), portando l’Inghilterra sul 3-0 in meno di un sospiro. Sembra l’inizio di un incubo sportivo destinato a rimanere negli annali, ed una ulteriore sventura si abbatte sugli azzurri: il centromediano Monti (oriundo argentino, nessuna parentela con l’attuale premier…) viene steso da una entrata assassina ed è costretto ad uscire dal campo dopo aver stretto i denti e provato a dettare i tempi di gioco nonostante una frattura al piede sinistro (eh già, ha continuato a correre con due ossa rotte…). Il regolamento non prevede sostituzioni, e gli italiani in dieci possono solo arroccarsi in difesa e cercare di limitare i danni. Si va quindi al riposo sul 3-0 e con tutte le premesse per una goleada nella seconda frazione di gioco.
Ma la panchina italiana è affidata a Vittorio Pozzo, un vero motivatore. Altro che Mourinho: per darvi un’idea, leggenda vuole che prima della semifinale del mondiale disputata nel giugno di quello stesso 1934 contro l’Austria, il commissario tecnico abbia fatto intonare ai giocatori “La canzone del Piave”. Partita vinta 1-0 soffrendo in un secondo tempo in cui il fiume cantato dai nostri fanti sembrò davvero erigersi a protezione della porta…
Non sappiamo se anche Londra sia stata teatro di una esibizione canora (anche perché i tempi non erano ancora maturi per “la perfida Albione”), fatto sta che i nostri rientrarono in campo con uno spirito diverso e, seppure in inferiorità numerica, tentarono l’impossibile rimonta: Meazza infilò gli inglesi con un tiro al volo al 58’, e raddoppiò quattro minuti dopo di testa. Sotto 3-2, gli azzurri cinsero d’assedio l’area avversaria, andando vicini al pareggio nei minuti finali, accompagnati da una indimenticabile telecronaca di Nicolò Carosio che ammantò il match di eroismo iniettandolo via radio nelle case degli ascoltatori. Usciranno sconfitti ma tra gli applausi del pubblico inglese – sportività secolare da cui abbiamo ancora da imparare – e verranno celebrati in patria come vincitori morali della sfida. Era nata la leggenda dei “Leoni di Highbury”.
* nota mentale a uso dell’autore: esplorare lo scaffale di libri dedicati al mondo del pallone (Soriano, Brera, Arpino, Hornby, etc.) e decidermi a produrre una bella page su MSD
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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