Chef: un film mancato che stimola i sensi

Un cast di grido decisamente promettente (Jean Reno e Michaël Youn), un luogo intrigante (Parigi e le sue cucine), un plot succulento (manicaretti a non finire) per un sottotitolo molto self confident sullo scopo raggiunto (“Riderete di Gusto”). Entrata quindi in sala con un gran sorriso, superata la iniziale difficoltà nel riconoscere Jean Reno con quei 20 chili in più del solito, ero davvero armata delle migliori intenzioni anche perché, come tutti, ho pure io una gran voglia di ridere di gusto.

L’alea sfiziosa e succulenta svanisce in più o meno 20 minuti: bastano poche battute per rendersi conto che il film, nonostante il cast di tutto rispetto, non decollerà anzi scivolerà inesorabilmente nelle più assolute banalità. Risate impossibili, battute sempre più basse, situazioni improbabili e un imballaggio che ci ricorda quello dei film per la televisione da palinsesto pomeridiano. Neppure la serie A della comicità di massa 

 

Lo sconforto maggiore è realizzare che la risata per famiglie, o nazional-popolare che dir si voglia, sia concepita ad un livello davvero bassino e banalotto in cui il gioco di parole non esiste, le allusioni qualora siano presenti sono un po’ grette e le gag concorrono con la versione sfigata del cabaret per la TV, di nuovo, non da prime time. Il dubbio che il doppiaggio possa non aver reso giustizia allo scambio di battute originario, ed abbia compromesso un ritmo che, secondo le interviste rilasciare dai due primi attori, dovrebbe essere frizzante e serratissimo (cosa che manca del tutto nella versione italiana), ci sorge ma non è sufficiente a placare la nostra insoddisfazione.

L’unica nota piacevole che ci rimane è che il filo conduttore di questa storia sia la battaglia tra i piatti della tradizione (che ci provocano una gran fame) e gli insidiosi cubetti della cucina molecolare (una nuova tendenza di cui non sapevo neppure l’esistenza) all’interno di un ristorante.

 

Il resto della trama? Il giorno in cui il giovane e sgangherato Jacky Bonnot, amante della buona cucina e privo di un lavoro stabile, non riuscendo a rinunciare alla passione/ossessione culinaria ed a mettere nel cassetto i sogni, incontrerà il grande ed orgoglioso chef Alexandre Lagarde, le vite di entrambi cambieranno: nascerà infatti un sodalizio dentro e fuori dalla cucina che riempirà di buon umore e ridarà speranza al duo.

Insomma, una commedia tra i fornelli un bel po’ buonista incentrata su amicizia, sul passaggio di testimone tra generazioni, in generale sulla difficile transizione tra il vecchio e il nuovo, sui valori che elevano gli uomini a qualcosina di più degli esseri che respirano, senza dimenticare l’importanza della famiglia e del non mollare mai, soprattutto quando si hanno dei sogni. Ehm…

 

Ottantacinque minuti di durata totale (di più era impossibile) che paiono eterni e che intristiscono per quanto ad ogni cambio di scena si scivoli sempre più verso il baratro. Stupisce vedere che Jean Reno si dichiari entusiasta, probabilmente pure lui dovrà fare i conti con le bollette ed in tempi come quelli attuali, in cui molti ambiziosi ed intriganti progetti vengono cancellati per assenza di fondi dalle Major, forse tapparsi il naso è l’unica cosa che rimane.

Il passaggio direct-to-video non si sarebbe avvertito e, probabilmente, un uggioso pomeriggio autunnale avrebbe fatto la gioia di qualche persona assopita sul divano di casa.

 

Leave a Comment