Docu-film, docu-fiction, filmati di repertorio che si alternano ad una lunga intervista, di fatto un ibrido che potrebbe non essere male, ricordiamo tutti, infatti, il brillante risultato di Armadillo. Può essere ottimo escamotage per narrare una storia altrimenti di difficile comprensione o con poco guizzo, avvalendosi di persone che abbiano l’abilità di stare davanti ad una telecamera così da non vanificare la fatica o mortificare una idea e rendere il messaggio più chiaro, favorendone la diffusione. Nessun tranello quindi, tutto è limpido e atto allo scopo finale, la comunicazione di un messaggio importante.
Parliamo della nostra storia, quella piuttosto recente che, è notizia di questi giorni, per qualche strano motivo non si studia a scuola: questi ultimi venti anni di cui, forse perché così vicini a noi, spesso non riusciamo ad “unire i puntini” ed a visualizzare una immagine completa. E poi, spesso difettiamo degli strumenti per comprendere l’intreccio tra economia, politica e storia di un popolo, senza tenere conto che ascoltare i politici equivale ad udire una lingua di lontane galassie indi per cui, diciamocelo, i docu-film possono avere una loro utilità. Quindi, superiamo il nostro iniziale scetticismo e sfoderiamo un bonario sorriso al nostro ingresso in sala.
Le prime inquadrature fanno impietosamente realizzare quante siano le primavere sulle nostre spalle, quelle notti insonni d’inizio novembre del 1989 sono ancora vive nella nostra mente e rivederle su uno schermo ci proietta all’indietro nel tempo. Allora la sensazione era già strana, si percepiva chiaramente che si stava facendo/ vivendo la storia, che non si sarebbe più tornati indietro e che il futuro si sarebbe basato su presupposti differenti da quelli visti in famiglia. Giovanissimi e idealisti credevamo che il grigio fosse stato spazzato via per fare spazio all’azzurro ed alle speranze. Di fatto, all’inizio fu proprio così: una gran voglia di costruire era percepibile in ogni dove, dai politici ai giovani era tutto un inno alla gioia ed alla cooperazione e, di li a qualche anno, l’Europa Unita prese davvero forma.
Trascorsi venti anni sembra che una bomba H si sia abbattuta sulla nostra generazione: abbiamo studiato ma ci ritroviamo con tre CUD a fine anno, non possediamo nulla se non noi stessi spesso con un io in stato confusionale e, cosa assai peggiore, costruire è una parola che ci fa paura al punto di tradirla costantemente per il “demolire”. Cos’è successo esattamente? La regista, della classe dei nostri genitori, si è posta questa domanda ed ha cercato di unire i famosi puntini. Partendo dagli eventi, da quella Berlino simbolo di un cambiamento epocale, mostrando la fine del comunismo e la diffusione del capitalismo, le facili ricchezze, le finte promesse di un futuro da fuochi d’artificio sino ad arrivare al collasso, dei mercati e del mondo del lavoro.
La storia di Giulio e Marta, i protagonisti, è la migliore tra quelle dei tanti precari che affollano ogni dove, senza un bel niente in tasca a parte la propria dignità. L’idea di rendere accattivante e comprensibile la crisi mondiale è ottima, la chiosa finale con emeriti opinionisti apprezzabile e quegli 80 minuti di durata sono, sulla carta, tutti punti a favore dell’autrice. Non si capisce quindi perché nessuno abbia investito un pochino di più nella ricerca di attori con capacità recitative superiori a quelle richieste nelle telenovela, i tecnici non paiono in grado di destreggiarsi con iMovies e la storia dei due protagonisti sia così da soap, appunto. Insomma, molti gli spunti, sottotono la realizzazione che ogni tanto pare leggera e superficiale quanto basta per annoiare o assopire i più stanchi.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”