Parliamo di pellicole horror, film orripilanti in cui la tensione sale su sempre più in alto sino a farci sobbalzare dalla seggiola per poi intrattenerci con situazioni dall’improbabile epilogo. Settore che in ogni epoca ha saputo rinnovarsi e godere di nuove primavere, il miglior Carpenter, il nostrano Dario Argento, il giapponese Nakata e la sua trilogia di The Ring, la cui versione a stelle e strisce è stata edulcorata a dovere per garantirci sonni tranquilli, insomma un settore che non tramonta mai.

A casa nostra c’è un duo di registi in cui da qualche anno “inciampo” ad ogni festival, i quali con pochi mezzi son riusciti ad emergere ed a portare avanti una tradizione che nel nostro Paese pareva in via di estinzione. Ammetto di essere loro profondamente grata: le mie pause pranzo si stavano facendo noiose e popolate da zombie. Probabilmente ho qualcosa di anomalo, ma trovo estremamente rilassanti le pellicole con un ancoraggio alla realtà minimo, in cui vi sia una dominanza del color rosso.

 

Certo è che quando si approcciano siffatte opere non voglio sentire alcuna lamentela: sono intrattenimento, tendenzialmente splatter, un pochetto sopra le righe che spesso possono provocare commenti in sala rivolti al protagonista sullo schermo del tenore di “ma sei proprio un cretino! Cosa fai???” Lo scopo è, infatti, quello di narrare una storia che ci prenda in contropiede, faccia paura ed al contempo grondi stupidità e sangue. Se ciò non vi aggrada, semplicemente cambiate destinazione!

Poi possiamo entrare nel merito di questa pellicola (senza addentrarci però in tecnicismi o in un’esegesi dei sotto-generi horror: qui si condividono solo emozioni!) e trovare difettucci qui e la, ma nell’insieme non possiamo che promuovere nuovamente i due registi nostrani. Il livello è decisamente in crescendo rispetto alla precedente opera (“L’arrivo di Wang” a suo tempo recensito qui) di cui ritroviamo Francesca Cuttica – una traumatizzata e schizzata, molto convincente, unica protagonista femminile in mezzo a uomini dall’inquietante comportamento.

 

I fratelli Manetti esplorano il genere andando sul sicuro: la trama è un classico – dei ragazzotti che fanno la bravata e finiscono male – ma non è scontata, usano il 3D (che scopro sia quello già sperimentato da Dario Argento nel film presentato a Cannes) con effetti soprattutto all’inizio che risultano piacevoli e scelgono gli attori con attenzione. I malaugurati giovanotti sono davvero convincenti nella loro leggerezza e sofferenza e Beppe Servillo in questa veste cinematografica riesce ad inquietarci con pochi ma molto accorti gesti.

I riferimenti ai fatti di cronaca sono evidenti e rappresentano il famoso sottile ancoraggio con la realtà che ci permette di sobbalzare (forse) dalla seggiola e di goderci (sicuramente) quelle piccole scariche di adrenalina che rappresentano il motivo per cui abbiamo deciso di trascorrere due ore facendocela addosso anche se, nonostante quello che si possa leggere in giro, è bene dire che non siamo di fronte ad un horror dai risvolti torture-(un po’)porn. Qui tutti si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato, sono ingenui e sopratutto non posso credere che l’incubo che stanno vivendo non abbia un happy ending. Ci piace!

Non ancora convinti? Allora chiudiamo con il trailer ufficiale poi fateci sapere!