copertina libro hunger games

L’aspetto più positivo? Non ci ho speso una lira.

Oh, chiariamo: siccome pare che il pdf di “Hunger Games” sia il file più scaricato della rete, ci tengo a precisare che mi sono limitato a farmelo prestare, e siano benedetti gli amici con figli adolescenti. La frequenza con cui affronto libri che non ho acquistato è pari a quella del passaggio della cometa di Halley, da sempre timoroso di arrivare a pagina 40 ed avvertire quel curioso formicolio che intacca il cervelletto e mormora “compralo, compralo, compralo”. In questo caso quella del noleggio a breve termine si è rivelata però una scelta vincente. Vogliamo vedere perché?

C’è di che sbizzarrirsi, a cominciare da una trama che non è esattamente originale: un reality show in cui i concorrenti si eliminano l’un l’altro (già visto un paio di migliaia di volte), una sorta di controllo totale da parte del Potere che vorrebbe richiamare – il cielo mi perdoni – “1984” ed un cuore di fanciulla diviso fra due contendenti di tonalità fisiche e caratteriali opposte. Una miscela che potrebbe anche – faticosamente – funzionare ed essere accettabile, se non si sviluppasse su scelte stilistiche che mi hanno riportato alla memoria una via di mezzo fra la selezione delle frasi dei Baci Perugina e i pensierini che vergavamo sui diari delle medie. Periodi del tutto sincopate, utilizzo di coordinate e subordinate ridotto all’osso ed una generale impressione di incuria lessicale che immagino di dover attribuire all’autrice, rivolgendo nel contempo un pensiero di amicizia a chi è stato costretto a curarne la traduzione.

Armato di una pazienza che mi avrebbe garantito una posizione prestigiosa all’interno di un monastero benedettino, sono andato a caccia di commenti positivi sul web, giusto per essere certo di non essermi imbattuto in una edizione clandestina in cui le pagine dispari erano state sostituite dal numero di aprile 2009 di “Cioè”. I complimenti più convinti riguardano la “scorrevolezza” (il libro si fa leggere, per carità, e considerata la profondità ci mancherebbe altro…) e la capacità di suscitare emozioni: sarà che son fuori target anagrafico, sarà che il livello di violenza sfiora il truculento, sarà che alcuni passaggi della narrazione sfiorano l’assoluta irrazionalità, ma confesserò di non aver provato granché.

La sensazione generale è di un “già letto-già visto-già sentito” e francamente comincio ad essere anche un po’ stufo di questa letteratura dichiaratamente diretta ai più giovani. Forse dovremmo piantarla di considerare i giovani lettori come un universo a parte in grado di appassionarsi soltanto in virtù di improbabili mondi futuri e/o sospiranti storie d’amore in cui il/la protagonista ha tutti i crismi della bontà. Qui abbiamo una fanciulla che si sacrifica per la sorellina minore, combatte ma non ammazza nessuno – se non incidentalmente – ed è indecisa fra due cuori ma non vuole spezzarne alcuno. La vita e l’anima delle persone è appena un filo più complessa, e la letteratura (come pure la cinematografia) è sempre stata in grado di rifletterla efficacemente.