Si lo so, è stato il film di apertura, siamo in colpevole ritardo, diciamo che volevamo avere dei parametri e lasciar sedimentare le prime impressioni che sicuramente erano fuorviate dall’entusiasmo del nostro primo approdo sulla Croisette. Ora che siamo alle battute finali, ci sentiamo prontissimi a dedicare qualche riga all’opera che ha avuto il non semplice compito di dare il via alla sessantacinquesima edizione del Festival di Cannes.
In questo 2012 segnato da profezie, tante aspettative e molta magia Wes Anderson non poteva mancare. Regista eclettico, coloratissimo, carico di energia e dall’estro poetico innegabile, con predilezione per la narrazione di storie che, seppur ancorate ad una epoca precisa, paiono sospese nel tempo (un mondo parallelo che ci ricorda quello delle meraviglie) a questo giro ci regala una favola ambientata negli oramai lontani anni ‘60.
Siamo su un’isola del New England a prima vista molto bucolica con la sua popolazione, per lo più costituita da famigliuole dall’esistenza apparentemente perfetta, che vive in casette colorate invase da bimbi che giocano tanto felicemente quanto chiassosamente. Immancabile quindi il campo scout in cui un’orda di giovanotti impara l’arte del sopravvivere ed a diventare piccoli ometti. Tutto perfetto e tranquillo, sino all’estate del 1965…
Un microcoscmo che nonostante possa apparire come una bolla di fatto ha un nome ben preciso (New Penzance) ed è solo la riproduzione in piccola scala del mondo ben più caotico che vi è sulla terraferma: coppie in crisi, adolescenti problematici e bambini scavezzacollo la cui irruenza viene alimentata da adulti con troppe frustrazioni. Ma Anderson non si smentisce mai e non ci propone una pellicolla isterica e cupa bensì usa tutto ciò come sfondo, peraltro pittoresco, per raccontaci qualcosa di meraviglioso: il primo amore.
Esatto, Moonrise Kingdom è la storia di due preadolescenti (con qualche problemuccio) che si incontrano, si piacciono e scappano (peraltro non troppo lontano) per godersi a pieno queste nuove incredibili emozioni. Una vera e propria favola senza tempo, la cui ambientazione in un’epoca che molti di noi non possono ricordare la rende ancora di più simile ad una moderna avventura di Alice nel paese delle Meraviglie. E questa fuga dal mondo degli adulti sarà davvero ricca di prove da superare.
Il regista abilmente riesce a dimostrarci come i sentimenti siano senza tempo e senza frontiere e possano strappare sorrisi a ogni genere di pubblico, anche a persone come me alle quali Il Treno per Darjeeling aveva lasciato non poche perplessità. Ammetto però che l’attenzione ai particolari, l’uso di colori cangianti, i personaggi caricaturali e i due fanciulli con la loro interpretazione davvero realistica abbiano lasciato una dolce scia nella mia memoria e, forse, in questo periodo triste ricordare il primo innocente amore ci può solo far bene.
Che questo sia il vero genio di Wes Anderson? La sua abilità nel far riaffiorare lontane immagini, indurci a pensare ed emozionare perché così è la vita? Innegabile quindi che il regista sia cresciuto e che il suo diario per immagini valga una visione al buio di una sala.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
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