Ci sono dei momenti in cui ti domandi cosa non vada in te, come mai non riesci a percepire il genio che hai di fronte e perché diamine trovi troppo asiatico un film che non dovrebbe essere tale. La nuova opera del regista iraniano Abbas Kiarostami, che ci ha regalato un sacco di emozioni in passato, con questa pellicola ci porta in un mondo davvero troppo differente dal nostro in cui lui, invece, pare trovarsi a proprio agio: siamo a Tokyo.
Una notte qualsiasi un uomo di cultura, anziano e dolce, ed una giovanissima studentessa di periferia, che arrivando nella metropoli è stata fagocitata dal gorgo dell’offerta di sé stessi in cambio di denaro, si incontrano. Lei non appare a disagio (anche se le parole che le escono dalla bocca parrebbero dire il contrario), lui invece crede di conoscerla e di sapere tutto di lei, è disponibile e la asseconda (ma non come si crede). La cosa più evidente è la distanza generazionale e culturale tra i due che comporta in una persona l’insicurezza e nell’altra una certezza mista ad ironia.
Inizialmente siamo in un bel locale notturno e necessitiamo di diversi minuti prima di comprendere cosa stia accadendo, tutto è surreale, distaccato e sprovvisto di emozioni nonostante il gozzovigliare senza senso delle giovani ragazze ai tavoli e le perle di saggezza che dispensa l’unico uomo inquadrato. Seguiamo la protagonista sino all’incontro col letterato ed i loro dialoghi si fanno sempre più grotteschi. Il film procede con quest’alea serena ma triste, fatta di lunghe pause, conversazioni senza fronzoli ed essenziali che talvolta riescono pure a strapparci una risata per quanto siano surreali, anche se ciò non basta a non far assopire buona parte della sala.
Ammetto di non aver compreso quale parabola l‘autore intendesse comunicarmi, complice forse la stanchezza di una giornata iniziata molto presto, il ritmo mi è parso troppo lento per essere apprezzato dai più ed i dialoghi sono preceduti da lunghe attese che riescono solo a farci percepire i ritmatissimi sospiri in sala. La sensazione è stata quella di una platea entrata per curiosità ed ora timorata all’idea di esprimere la propria insoddisfazione. Perché il film ha già un inizio un po’ così, ma una fine sospesa è troppo! Perché, pur riconoscendo che il tentativo sia stato buono, gli equivoci che si vengono a creare siano carini, la fotografia e le inquadrature siano davvero molto attente ed accattivanti, dobbiamo riconoscere che il risultato non appaga. D’altro canto anche le persone più geniali sono pur sempre umane e talvolta le loro opere sono semplicemente nella norma e non memorabili.
Ennio Flaiano amava ricordare che “Il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile.”, ed è Vissia ad accompagnarci con passione e sensibilità nelle mille sfaccettature di un’arte in movimento. Ma non solo. Una guida tout court, competente e preparata, amante della bellezza, che scrive con il cuore e trasforma le emozioni in parole. Dal cinema alla pittura, con un occhio vigile per il teatro e la letteratura, V. ci costringe, piacevolmente, a correre per ammirare un’ottima pellicola o una mostra imperdibile, uno spettacolo brillante o un buon libro. Lasciarsi trasportare nelle sue recensioni è davvero facile, perdersi una proiezione da lei consigliata dovrebbe essere proibito dal codice penale. Se qualcuno le chiede: ma tu da che parte stai? La sua risposta è una sola: “io sto con Spok, adoro l’Enterprise e sono fan di Star Trek”
Leave a Comment