L’argomento non sarà appassionante, ma io in bagno leggo. E quando sono di cattivo umore, in bagno mi porto quasi sempre un libro di Bill Bryson (se non ne avete mai letto un rigo, attimi di tristezza sono quasi meritati).
Lo scelgo in primo luogo perché sarebbe in grado di ridare il sorriso ad uno che è appena stato dal commercialista, e per un altro ottimo motivo: basta aprire una pagina a caso, e immancabilmente ti viene regalato lo spunto per un post curioso. La magia si è ripetuta giusto qualche minuto fa con “Vestivamo da Superman”, sorta di biografia adolescenziale che offre in realtà il destro per ricordare l’America degli anni 50 e 60, con le inevitabili diversità e gli incredibili aneddoti che ne emergono.
Tra i mille episodi raccontati da Bryson, tutti sommamente divertenti, l’occhio è caduto sulla storia di Julia Chase e della sua visita alla Casa Bianca nel 1956. “E chi cavolo era Julia Chase?”, vi starete chiedendo. Bene.
Julia Chase era una adorabile donnina di mezza età originaria del Maryland, che in una radiosa giornata di aprile del 1956 si era recata in visita alla Casa Bianca. Che fossero “altri tempi” è evidente già da questa premessa: ebbene sì, in quell’anno Marilyn Monroe sposa Arthur Miller, l’Ungheria cerca di uscire dal giogo comunista (e sappiamo come andrà a finire), negli States si comincia a discutere dell’opportunità di abolire la segregazione sugli autobus pubblici e la residenza del Presidente Eisenhower è oggetto di gite scolastiche e visite turistiche, ad una delle quali si accoda la protagonista della nostra storia.
Descritta nei giorni successivi come una “signora di incerta sanità mentale”, Julia si staccherà ben presto dal gruppo di visitatori (presente quando sei intruppato dietro una guida e ti nascondi dietro una colonna? Una cosa così…) e, nelle successive quattro ore e mezzo percorrerà in lungo e in largo la Casa Bianca appiccando cinque tentativi di incendio.
Che una donna di età piuttosto avanzata potesse essere smarrita per un intero pomeriggio nel luogo teoricamente più protetto del pianeta mi è sembrato talmente incredibile da costringermi ad una passeggiata sul web: ecco le prime pagine di un paio di giornali e di riviste d’epoca.
Spesso è da episodi di questo genere che ci rende conto di come il tempo passi e di quanto cambino le cose, molto più che da eventi epocali descritti da libri e coperti fotograficamente da mille reporter. Riuscite a immaginare una situazione simile al giorno d’oggi, in un qualunque “palazzo del potere” del mondo? Alla prima scintilla di un accendino sedici caccia supersonici solcherebbero i cieli, nel raggio di venti chilometri quadrati scatterebbe la legge marziale e la simpatica vecchietta verrebbe narcotizzata e trasportata nell’Area 51.
E’ un momento di nostalgia, quindi, per un mondo in cui una fuori-di-testa poteva circolare indisturbata nella casa del presidente USA sostenendo di voler bruciare della spazzatura, ed essere rifocillata con un the caldo prima di essere rispedita nel Maryland.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.
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