Era inevitabile che la più famosa tragedia marinaresca della storia generasse miti e leggende, e lo straordinario interesse riemerso (pessimo gioco di parole…) in occasione del centenario dell’affondamento del Titanic ne ha rispolverate non poche.
Inaspettatamente, alcune di esse finiscono per essere confermate: si è dibattuto a lungo, ad esempio, sulla presenza di un sarcofago con relativa mummia nelle stive del Titanic, e questa curiosità sembrerebbe storicamente accertata. Un po’ più discutibile e probabilmente ben più romanzata la versione che vorrebbe tale mummia portatrice di sventura, al punto da causare la morte di un povero fotografo che si era azzardato a ritrarla e da convincere quindi il British Museum a farne dono ai colleghi di New York per liberarsene, gentile regalo mai giunto a destinazione causa impatto con iceberg…
Di stampo più letterario la vicenda, leggermente più inquietante, legata ad un romanzo scritto da un autore americano di scarso successo, tale Morgan Robertson, ed intitolato “The Wreck On The Titan”. Pubblicato una decina di anni prima del varo del Titanic, il volume racconta la storia di un lussuosa nave passeggeri che si schianta su una montagna di ghiaccio durante il viaggio inaugurale. Scialuppe insufficienti ad accogliere tutti i passeggeri, convinzione di inaffondabilità, stazza e dimensioni della nave sono curiosamente coincidenti, ed anche il nome attribuito al transatlantico nella finzione letteraria – Titan – fa venire qualche brivido.
Sono ancora più solide storicamente le voci che raccontavano dell’impossibilità di dotare le vedette di binocoli, strumenti che avrebbero potuto consentire un avvistamento anticipato dell’iceberg e che, probabilmente, avrebbero garantito una deviazione di rotta più efficace. Ebbene, i binocoli erano stati imbarcati, ma risultavano chiusi in un armadio le cui chiavi rimasero malinconicamente nei pantaloni di David Blair, ufficiale originariamente assegnato all’equipaggio del Titanic e sostituito all’ultimo minuto. Il mazzo di chiavi fu venduto all’asta nel 2010 per la bella cifra di 102.000 (!) euro, a dimostrazione dell’interesse suscitato nei collezionisti da qualsiasi oggetto riguardi il Titanic.
Curioso, a pensarci bene, che ad assicurarsi il prezioso cimelio non sia stato John Siggins, un inglese monomaniaco che ha costruito nel giardino di casa la perfetta riproduzione di una cabina e di uno scorcio della sala da pranzo del Titanic utilizzando anche una serie di oggetti della nave gemella, la Olympic. Lampadari, stoviglie, posate, biancheria e mille altri oggetti sono stati raccolti per quasi venti anni fino ad assumere l’aspetto che potete vedere nelle prossime fotografie. La cosa più sorprendente? John è tuttora sposato e non ha dovuto ricorrere ad un avvocato divorzista.
Dici Alfonso e pensi alla sua amata Triestina, alla sua biblioteca (rigorosamente ordinata per case editrici) che cresce a vista d’occhio, alla Moleskine rossa sempre in mano e alla adorata Nikon con la quale cattura scorci di quotidianità, possibilmente tenendo il corpo macchina in bizzarre posizioni, che vengono premiati ma non pensiate di venirlo a sapere. Se non vi risponde al telefono probabilmente ha avuto uno dei tanti imprevisti che riuscirà a tramutare in un esilarante racconto di “Viva la sfiga!”. Perché lui ha ironia da vendere ed un vocabolario che va controcorrente in questo mondo dominato dagli sms e dagli acronimi indecifrabili. Decisamente il più polivalente di tutti noi dato che è… il nostro (e non solo) Blogger senior che con il suo alfonso76.com ha fatto entrare la blog-o-sfera nella nostra quotidianità.