È dal Festival del Cinema di Roma, edizione 2011, che stiamo attendendo l’arrivo nelle sale della nuova commedia di Anne Fontaine, che per l’occasione ha riunito un cast bizzarro quanto eccezionale, che calamiterà non poche persone nelle sale. Non si sente parlare d’altro: commedia brillante, tipicamente francese nel suo essere equilibrata, mai sguaiata e un poco snob (che fa sempre un po’ chic).

I personaggi sono pochi anzi pochissimi, il triangolo attorno al quale la storia si svolge (la moglie Agathe che sa e fa tutto lei –  Patrick l’intruso da sopportare perché padre del migliore amico del figliol ben poco prodigo – Francois il compagno pacato che tutto sopporta sino a quando se la da a gambe per finire dalla padella nella brace!), i due bambini pretesto e altre tre persone fondamentali (l’amante, l’artista, il fratellastro) che però compaiono solo in camei di pochi minuti.

 

Il palco sarà per la maggior parte del tempo l’abitazione della ricca Agathe interpretata da un bella, secca ed esplosiva Isabelle Huppert. Siamo a Parigi, ma potremmo anche non saperlo, in quanto la città serve solo da sfondo e da giustificazione allo sgretolamento della farsa familiare che appare ai nostri occhi all’apertura del sipario. Due famiglie tanto diverse per estrazione, interessi ed aspirazioni, costrette a sopportarsi per il bene dei propri figli, quindi perché non sfruttare il tempo da trascorrere insieme per conoscersi un po’meglio? Se poi si riesce pure a dare una mano, il sodalizio non può che essere inevitabile! La situazione iniziale sarà assolutamente disastrosa, altrimenti mancherebbe la base su cui poggiare la commedie brillante et un peau romantique che la regista ha deciso di proporci.

Il film è brillante, perché sotto un nobile tetto occuperanno alcune stanze anche un padre sgangherato, che ha trascorso più anni dietro le sbarre che col figlio, e quel bambino appunto che, quasi per uno scherzo della natura, è più enfant prodige del lavativo figlio di Agathe e Francois. La carica a cui ci ha abituati Benoit Poelvoorde qui travolgerà e abbatterà le difese della importantissima e fastidiosissima Agathe; così da condurci alla parte romantique, che per nostra fortuna non sarà mai sdolcinata o ovvia. Il finale infatti risulterà brillante anche ai perplessi ed ai più scettici.

 

Le diversità servono ad evidenziare i difetti ed a creare i presupposti di scontro sin dalle prime batture, in un’opera che usa apertamente i cliché per far progredire il plot. Il compito direi che la nostra Anne Fontaine l’ha svolto con dovizia: il cast va avanti da solo, sono tutti personaggi forti interpretati da attori con definite abilità (qui ben messe in evidenza) e gli sforzi di tutti paiono focalizzare sulle fragilità umane, inizialmente celate, che da questo scontro non pianificato emergeranno e fortificheranno le pareti di casa. L’opera non perderà mai di tono soprattutto grazie al fatto che la morale non c’è: come ci dice la stessa regista, questa è una “storia improbabile nel mondo reale, ma la commedia ti permette di trattare l’utopia!”

Quindi non cercate lezioni che la regista non ha mai cercato di impartire. Se state cercando piacevole intrattenimento per un paio di ore, l’avete trovato se, invece, volete qualcosa da lacrimoni agli occhi, siete lontani dalla proiezione giusta per voi.  Ripeto, si lascia guardare, fa ridere ed è davvero ben confezionato anche se non memorabile. Ma chi l’ha detto che tutte le pellicole debbano essere tali?

Il mio migliore incubo! - trailer